Questo post ha dovuto aspettare un po’ per trovare spazio sul nostro blog. E ha sofferto non poco a restare tra le pieghe della nostra programmazione, ma con tutte le presentazioni e le sorprese che abbiamo condiviso con voi alla fine di marzo… Non c’erano molte alternative.
Partiamo subito dal racconto (breve, prometto!) della presentazione di Cuore Primitivo. Non tanto per scrivere un resoconto di quanto accaduto, ma per raccontarvi l’emozione provata nell’incontrare un autore del quale (come vi ho detto) sono stata perdutamente innamorata. Normalmente, quando si incontrano i propri miti, il rischio di essere delusi dalla realtà dei fatti è grande, anzi di più, grandissimo. E invece, incontrare Andrea De Carlo e parlargli a pochi centimetri di distanza non solo è stato meraviglioso (era anche profumosissimo, di quei profumi buoni che ti riempiono le narici), ma lui ha anche superato ogni più rosea aspettativa personale. Lui, poteva risultare antipatico, snob… Voglio dire, è un autore da 2 milioni di copie: poteva anche tirarsela un po! E invece si è speso tantissimo a raccontare, a spiegare il modo in cui lavora, soppesa le parole, gioca con i linguaggi. E adesso cominciamo dall’inizio della mia storia d’amore per i romanzi firmati da Andrea De Carlo.
Il primo romanzo di Andrea De Carlo che è entrato a far parte della mia vita è stato Due di Due. L’ho acquistato un pomeriggio, durante una passeggiata con la mia amica Claudia, attratta da quella copertina pop dal cuore pulsante, firmata Keith Hering. Non sapevo chi fosse l’autore, ma quella breve sintesi sulla quarta di copertina dei Miti Mondadori (a sole 5000 lire) mi aveva conquistata. Il tema del “doppio”, la prosa postmoderna: tutti argomenti che stavo cominciando a scandagliare nella letteratura italiana contemporanea.
Leggendo Due di Due, mi sono innamorata: innanzitutto di Guido Laremi, un dei due protagonisti maschili del romanzo… Ma anche dell’autore. Talmente innamorata che quasi ci restai male, scoprendo la sua storia d’amore con l’attrice Eleonora Giorgi. Ma tant’è. La passione per la sua prosa “liquida” come molti l’anno definita (utilizzando un aggettivo che De Carlo usa frequentemente per descrivere gli sguardi) però mi ha portata nello stretto giro ad acquistare tutti i suoi romanzi (complice anche la mia amica Maria Rita che condivideva con me lo stesso ardore). E’ stato così che sui mie scaffali sono saliti nell’ordine: Tecniche di seduzione, Uto, Uccelli da Gabbia e da voliera, Macno, Yucatan e Arcodamore; quindi – sempre Maria Rita – mi ha regalato Di noi tre, Nel momento, Pura Vita, I veri nomi… Ed io ho completato la collezione comprando Giro di vento (compreso il disco Dentro Giro di Vento), Mare delle verità, Durante, Leielui, Villa Metaphora… E adesso Cuore Primitivo. Aveva ragione Luisa Cavallotto: sono perfetta per questa presentazione 🙂 sebbene non avessi ancora letto l’ultimo (il diciottesimo) romanzo di Andrea De Carlo, su cui mi sono affrettata (ma lo rileggerò con maggiore calma).
In qualche modo, Cuore Primitivo è un “seguito” (non narrativo, ma stilistico) degli ultimi tre romanzi dell’autore, dove De Carlo ha cominciato a indagare nel profondo le tecniche di spostamento della prospettiva narrativa dando vita – in questo libro – a un continuo, ma insieme lieve alternarsi delle voci dei tre protagonisti della narrazione, una magia che avviene attraverso l’uso di linguaggi e registri stilistici ben distinti e grazie alla capacità dell’autore di calarsi di volta in volta nei panni dei suoi personaggi. Per questo mi piace la sua prosa, perché essa stessa alimenta il piacere della lettura, spingendo i lettori a entrare sempre più nelle viscere del racconto e nei meandri psicologici – in questo caso – dei tre protagonisti: Craig Nolan (antropologo inglese, docente all’università di Cambridge), Mara Abbiati (scultrice milanese e moglie di Craig) e Ivo Zanovelli (piccolo impresario edile).
Così avremo Craig, scientifico fin nel midollo; Mara che incarna la narrazione “sensoriale” che amo tanto di De Carlo: quella capace di far percepire le sensazioni tattili, olfattive, uditive spesso spiegate attraverso sinestesie ricercate (e che si traduce anche in un uso massiccio e fumettistico delle onomatopee); e, infine, Ivo, non di cultura elevata, ma davvero intelligente, che usa le parole quasi con “taccagneria”. Un discorso polifonico che, di capitolo in capitolo, vi farà prendere le parti del protagonista che state leggendo.
Molto, ma proprio molto, sinteticamente (lo sapete che non facciamo #spinoff) il romanzo racconta la storia di Craig e Mara che sono ritornati in un paesino immaginario (Canciale, la contrazione probabile di Cannocchiale) arrampicato sull’Appennino ligure, dove sette anni prima è nato il loro amore. E’ Craig – in una lettera – a raccontarci l’antefatto della storia: finito un temporale estivo, Craig sale sul tetto della propria casa per capire da dove sia entrata la pioggia… E – come potrebbe succedere a me (che mi sono appena macinata un dito in un portone gigante) – cade e si rompe una gamba. Ed è proprio per sistemare il tetto che Ivo entrerà nella vita dei coniugi Nolan, divenendo terzo angolo circolare di questo libro che potremmo considerare (senza voler essere in alcun modo blasfemi) Uno e Trino. E non aggiungo altro.
C
(Cuore primitivo di Andrea De Carlo, bompiani, pagg. 254, euro 17,50)