In questo periodo sono stata abbastanza male. Costretta a casa per un tempo infinito (per quella famosa cautela che nessuno fa mai, ma che viene raccomandata a tutti) la mia unica consolazione era stata il pensare che avrei potuto leggere un sacco. E invece… Questa brutta bestiaccia di influenza che non mi molla (in realtà ho tre virus contemporaneamente) non mi ha permesso neanche questo. Mal di testa, occhi che bruciano, tempo di concentrazione del passerotto (ossia non superiore ai 30 secondi): una tragedia.
Siccome però ho la testa dura (anzi forse durissima) mi sono ostinata, ho continuato a leggere a singhiozzo e ho terminato la lettura de “Il volo dell’occasione” di Filippo Tuena.
Ho comprato il romanzo sul Kindle store, fra le offerte lampo perché mi ha molto colpita la frase con cui veniva presentato… Inizialmente avevo pensato che si trattasse della recensione di un lettore, ho capito a conclusione del romanzo, invece, che era un estratto dalla postfazione firmata da Corrado Augias: “Un piccolo capolavoro sconosciuto ai più”.
Sulla trama posso soffermarmi ben poco perché quella de “Il volo dell’occasione” è una storia di fantasmi, ma anche e soprattutto una meditazione sulla circolarità del tempo. L’anonimo protagonista del racconto è uno scrittore che inizialmente suo malgrado (poi per propria caparbia volontà) si trova “invischiato” in un triangolo amoroso: la bella Blanche, il contrabbassista Renant (sul cui nome si giocherà lungamente con la parola francese “revenant”, ossia “fantasma”) e il ricco turco Altay. Blanche è una giovane donna che “si concede” per belle cose: gioielli, denaro, abiti costosi… La sua unica eccezione è proprio Renant, un povero musicista più avanti di lei con gli anni; a lui, Blanche concede tutto senza chiedere indietro nulla perché è innamorata. Questo però non significa necessariamente riuscire a cambiare la propria natura ed è così che entra in gioco Altay. C’è il mistero di un orologio di alabastro con un’elegante danzatrice sopra, un portasigarette in argento, un mago al passage Verdeau, una cioccolateria belga, un artigiano orafo di nome Henry Mariette, un giornalista… Tutto dentro un’intricata matassa che il protagonista tenterà di dipanare non tanto per il desiderio di venirne a capo, quanto piuttosto per la volontà di entrare sempre più dentro questa storia (che nel frattempo ha deciso di scrivere per i propri lettori). Comincia così un balletto di occasioni che il protagonista cercherà di cogliere o di spezzare.
Ho scoperto un autore italiano raffinatissimo, dalla prosa ricercata e pesata con maestria. Ma anche una storia di fantasmi che non ha per niente il sapore di quelle cui ero abituata, anzi. Sembra più un film d’essai, dai tempi sospesi e lenti, dalle atmosfere leggermente piovose. Niente catene,come ho scritto già una volta… Niente urla laceranti nella notte… Piuttosto un leggero odore di muffa, una sorta di forfora bianca.
Non ho letto altri romanzi di Filippo Tuena e me ne dispiace, anche perché questa postfazione spiega diversa roba interessante sulla natura di questo scrittore, dei suoi romanzi, della sua prosa (“originale se non eccentrica”, sempre per citare Augias) e in particolare su “Il volo dell’occasione” che – pubblicato per Longanesi nel 1994 (questa è una seconda edizione per Fazi, riveduta e corretta) – ha ricevuto moltissime entusiastiche recensioni, ha partecipato “al girotondo romano del premio Strega” ma è poi di fatto rimasto ai margini del sistema commerciale senza conquistare il grande pubblico.
Generalmente non amo né le prefazioni (che semmai leggerei dopo aver letto il romanzo, perché non mi piace che le mie idee si impastino anzitempo con quelle di qualcun altro) né le postfazioni (che sono fatte per essere dopo, ma che io non leggo quasi mai comunque)… Ma forse è stata la difficoltà che inizialmente ho avuto per entrare nel romanzo che mi ha spinta a leggere anche quelle aree dei libri che non sempre leggo. E devo dire che le considerazioni di Augias sulla riscrittura mi hanno solleticato non poco. Quindi forse da adesso in poi leggerò sempre le postfazioni. E forse anche le prefazioni, ma comunque sempre dopo aver finito il libro 🙂
C
(Il volo dell’occasione di Filippo Tuena, Fazi editore, pagg. 179)