Lo avevamo anticipato con il nostro post che vi ha invitato a prendere parte alla presentazione di giovedì scorso (23 ottobre) al Monastore di Officine Culturali. E siccome, ogni promessa è debito, eccovi la recensione… (e un po’ di racconto dell’incontro con Mariacristina Di Giuseppe).
Sale di Sicilia, il primo romanzo di Mariacristina Di Giuseppe è una vera e propria dichiarazione d’amore per l’Isola in generale (e in particolare per la città di Palermo). E Vittorio De Luigi, il giornalista 50enne protagonista del racconto, è un po’ la maschera narrativa che Mariacristina ha deciso di indossare per condurci dentro il suo racconto, dentro la sua visione innamorata di Palermo, dentro la sua testa e quindi nei suoi pensieri e nelle sue riflessioni.
Mariacristina Di Giuseppe racconta di amare la scrittura narrativa, forse ancora più delle altre forme di scrittura cui si è dedicata (il teatro e la musica d’autore) perché le concede la libertà di scrivere densamente, con un linguaggio «ricco di subordinate» e di frutto di un’attentissima scelta lessicale. Un po’ il flusso di coscienza di Joyce, un po’ memoria involontaria di Proust… Per entrare nei meccanismi cerebrali di Vittorio De Luigi si impiega qualche pagina più del previsto (io all’inizio non riuscivo a cogliere il significato di quei voli pindarici, poi tutto a un tratto mi si è accesa una lampadina), ma nel momento in cui si entra dentro il racconto e dentro la testa di Vittorio De Luigi, il gioco è fatto. E allora non si può fare altro che bearsi di una prosa barocca e insieme puntuale come un orologio svizzero… Perché, per scrivere come Mariacristina è necessario che tutto funzioni come in un perfetto meccanismo a ingranaggi, nel respiro di una prosa che è la trasposizione di un racconto emotivo.
Il fluire delle parole, conquista mordente man mano che la narrazione della vicenda – un’inchiesta giornalistica sul commercio clandestino di opere d’arte e falsi d’autore – va avanti, man mano che l’inchiesta stessa distrae Vittorio De Luigi dalle proprie elucubrazioni. E intorno a questo personaggio maschile, un coro di donne – ma ciascuna con una propria ben definita identità – completa il sistema dei personaggi, con una logica che sottende in qualche modo il ruolo dei cori nella tragedia greca: «Forse in qualche modo – ha confessato Mariacristina Di Giuseppe – anche il ricordo della mia prima tragedia classica al teatro greco di Siracusa, da studentessa, è entrato a far parte del racconto. Forse perché lo stupore con cui mi sono accostata allo spettacolo stesso è ancora forte nella mia memoria». E al centro di questo sistema, c’è Palermo, i suoi vicoli buoi che portano immancabilmente a una “fotografia” di magnificenza e ricchezza: «Perché i luoghi – ha concluso Mariacristina – fungono per me (come del resto per Vittorio) da medicina, capace di guarire anche mali senza nome».
Fra i presenti, anche Edoardo De Angelis, una voce storica del cantautorato italiano, autore anche di un lavoro discografico che porta lo stesso titolo del romanzo di Mariacristina. All’album appartiene anche la lirica “Spasimo” scritta dalla nostra autrice.
Lo abbiamo detto per chiudere la presentazione e lo diciamo anche qui, prendendo in prestito le parole di Neri Marcorè, amico dell’autrice che ha voluto scrivere la prefazione del romanzo: anche a noi è sembrato di aver danzato con insieme a Mariacristina, Vittorio, il coro di giovani voci desiderose di salvaguardare il patrimonio artistico siciliano, le donne che “circondano” il protagonista… Palermo, la Sicilia, le sue bellezze, i suoi misteri, i suoi controsensi.
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(Sale di Sicilia di Mariacristina Di Giuseppe, Navarra Editore, pagg. 216, euro 15)