Probabilmente non era il momento migliore per leggere questo meraviglioso romanzo di Dana Spiotta (lo dico perché la mia vita sta cambiando (e molto) e – forse – non era il caso di aggiungere alle mie preoccupazioni per il futuro, le preoccupazioni per la seconda metà della mia vita che ormai sta per cominciare… Anche se l’autrice parla della vita dopo i 50 anni e io sto per farne solo – e sottolineo il solo – 37, che però sono parenti di 40) sta di fatto che il romanzo mi ha presa talmente tanto che non sono riuscita a staccare gli occhi dalle pagine.
In qualche modo, Versioni di me, il libro di cui ho già cominciato a parlarvi, spalanca le porte a tutte queste riflessioni, visto che uno dei temi al centro dell’opera è proprio “la seconda metà della vita“, o meglio… I pensieri che si avviluppano nel cervello quando ci si rende conto che i propri sogni di gioventù (per esempio, io volevo fare prima la ballerina, poi la ginnasta… quindi il pompiere e l’astronauta, l’attrice e la cantante) non si sono ancora avverati e – quasi certamente – non si avvereranno più. Più o meno la stessa sensazione che si prova, quando si scopre che se il dentista ti ha fatto un’otturazione a un dente non potrai mai più diventare astronauta, né tanto meno un pilota di F4 (a meno di non strapparti il dente stesso).
Quella copertina mi faceva l’occhiolino da quando aveva preso posto su uno degli scaffali del CUB – Castello Ursino Bookshop. E quindi, qualche giorno prima di andare in vacanza mi sono fatta un regalo: un #lotrovatedacub cui sentivo di non potere rinunciare. A incuriosirmi erano state anche le acclamazioni della critica statunitense (alcune delle quali riportate in copertina), ma soprattutto la struttura del romanzo che in forma di diario ricostruisce la vita dei due fratelli Denise e Nik Kranis (in arte, lui è Nik Worth).
Nik è un talentuoso chitarrista dalla personalità eccentrica, solitaria, narcisistica e autodistruttiva che lo porta a vivere sospeso tra la sua vita reale (dove è frustrato barista in un piccolo locale di periferia e compositore instancabile di una fitta produzione musicale che dedica e consegna a pochi eletti) e quella che da un momento preciso della sua vita diventa il suo mondo parallelo che egli stesso racconta nelle sue Chronicles: il resoconto trentennale di quello che avrebbe voluto vivere e che sarebbe potuto essere se solo avesse superato i margini della scena rock di provincia e avesse “sfondato”. Perché Nik, la notorietà come musicista l’ha sfiorata davvero, ma poi… Niente. E così lui si è creato un’autobiografia rock verosimile: faldoni e faldoni di finte interviste e recensioni di giornale entusiastiche o stroncature, firmate da alter ego giornalistici, lettere appassionate di fan…
Denise decide di riscrivere in prima persona gli eventi che hanno segnato lei e la sua famiglia, dal disfacimento di Nik all’Alzheimer della madre, passando per i suoi amori, uomini e compagni di vita (compreso l’attuale, Jay). Lo fa perché le Cronache di Nik non sono esattamente veritiere e lei sente l’esigenza di mettere ordine e segnare la verità (anche su se stessa) con le Controcronache. Questo però è un lavoro che la porta ad attraversare una profonda crisi di identità, perché le Cronache di suo fratello sono incredibilmente fedeli a loro stesse, tenute insieme da una logica ferrea, sebbene completamente inventata.
Una fotografia – secondo Denise – si scatta con la convinzione che ci aiuterà a ricordare… e invece, facilità la rimozione, la cancellazione, del ricordo stesso. Mettere per iscritto i ricordi, invece, ha una funzione diversa, ma obbliga a fare i conti con i propri stati emotivi che corrompono la memoria e distorcono la visuale. Ecco perché man mano che si procede nella lettura, Denise decide di metterci a parte di quelli che definisce “Eventi di rottura”, rompendo il piano sequenziale del tempo sul quale abbiamo fino a quel momento camminato.
Versioni di me è quindi un romanzo che racconta un diario che è in realtà il controdiario di un libro mastodontico (le Chronicles, appunto) che non leggiamo… Un libro al cubo, praticamente che – almeno questa matta – ha amato profondamente. Ma è anche un romanzo rock ‘n’ roll, di quelli che ti insegnano che la musica è come un’Ontologia, una colonna sonora esistenziale (capirete di più se leggerete il libro).
Una meditazione sulla vita, sulla famiglia, sull’importanza dei legami affettivi, sulla violenza del mondo contemporaneo e sulle sue ossessioni, sulla solitudine, sui ricordi, sulla memoria, sulla vita, sulla vecchiaia, sul malessere esistenziale che spesso non ha un nome, sulla fama, sul successo, sulla tecnologia, sull’immaginazione.
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(Versioni di me di Dana Spiotta, Minimum Fax, pagg.249, euro 16)