Fino ad oggi vi ho parlato dei ritrovamenti emersi dagli scatoloni del trasloco. Ma via via che le scatole diminuiscono (siamo anche andati a prendere quelle che erano rimaste a casa dei miei genitori) e vengono aperte e sistemate sugli scaffali… forse è il caso di cominciare a parlare anche dei grandi assenti. Insomma, di quei titoli che so di possedere (perché mi sono stati regalati, perché li ho acquistati per obbligo o per consiglio…) e che si ostinano a non saltare fuori dagli scatoloni. Fra questi ci sono certamente due romanzi che ho amato e amo profondamente e che hanno comportato la scoperta di un autore che mi piace proprio tanto: Carlos Ruiz Zafòn. I libri in questione sono “L’Ombra del vento” e “Il gioco dell’angelo“.
In realtà ero convinta di aver recensito io “L’Ombra del vento” (in quanto libro al quadrato… fra i primi ad avermi spinta a cercare questa “etichetta”) e invece lo ha fatto Giuliana nella nostra rubrica dei Matti per le Matte. Ad ogni modo oggi vi racconterò de “Il gioco dell’angelo“, intimamente legato al romanzo che ha portato Zafòn ai vertici di tutte le classifiche letterarie (per una lettera che chiude il racconto dove una delle protagoniste femminili narra di aver dato alla luce il protagonista de “L’Ombra del vento“, Daniel Sempere).
Anche “Il gioco dell’angelo” è ambientato a Barcellona. Una Barcellona cupa e tumultuosa. Siamo negli Anni Venti e David Martín lavora come inserviente in un giornale locale, ma in realtà il suo sogno nel cassetto è quello di diventare uno scrittore. Martín è orfano e ha un “protettore” (Pedro Vidal) grazie alla cui raccomandazione riuscirà a pubblicare un suo racconto sul giornale e poi ad ottenere un contratto con un piccolo editore con cui inizierà a pubblicare sotto lo pseudonimo di Ignatius B. Samson una serie di libri intitolata “La città dei maledetti“. La fortuna sembra cominciare a sorridergli, ma per reggere i ritmi della carriera da scrittore, Martín si chiude sempre più in se stesso e si rintana nella casa della torre, sua nuova abitazione. Le cose però non vanno come ci si aspetterebbe: Martín è stanco di scrivere libri mediocri (e anche sotto pseudonimo), in più scopre di essere malato, una notizia turba il suo cuore innamorato e un evento lo getta nella depressione più nera. É così Martín cede alle lusinghe alle pressioni dell’editore francese Andreas Corelli che gli promette non solo un’esorbitante somma di denaro, ma anche un’immediata e garantita guarigione in cambio della stesura di quello che diventerà il testo sacro di una nuova religione. Effettivamente, Corelli mantiene la parola… Ma nuovi eventi portano Martín a ripensare le sue ultime scelte e soprattutto spostano l’interesse del commissario Victor Grandes a indagare sul giovane scrittore. Anche Martín, però comincia a compiere alcune indagini su Corelli e il suo entourage scoprendosi al centro di una situazione inquietante e misteriosa, un vero e proprio complotto, dove niente è certezza e dove la realtà si mescola con il divino e dove vittime innocenti vengono mietute senza pietà per biechi interessi personali.
Non vado oltre perché c’è ancora molta carne da mettere al fuoco… Dirò soltanto che il tema al centro di questo romanzo mi è particolarmente caro perché ha fatto nascere in me la passione per le Letterature comparate: l’ebreo errante… Chi ha orecchie per intendere, intenda 🙂
(E adesso avete capito perché per me è così fondamentale capire dove siano andati a finire questi libri…)
C
(Il gioco dell’angelo di Carlos Ruiz Zafòn, Mondadori, pag. 466, euro 14)