Nei pomeriggi al CUB – Castello Ursino bookshop, come sapete, mi piace anche cominciare immersioni di lettura che – diversamente dalle full immersion casalinghe- vengono interrotte dal viavai di turisti che visitano il museo civico di Catania e sospese a ogni fine turno… perché preferisco lasciare lì il libro che ho scelto finché non ne ho completato la lettura, in modo da consegnare la lettura di un determinato volume a quello spazio magico che è il nostro bookshop. Così, qualche turno fa, ho cominciato a leggere L’invenzione della madre di Marco Peano, il primo romanzo di questo giovane torinese (è quasi un mio coetaneo, passatemi il “giovane”) che si occupa di narrativa italiana per la casa editrice Einaudi e che ha pubblicato con la casa editrice Minimum Fax.
A colpirmi, manco a dirlo, è stato il titolo. Da quando sono diventata mamma, i titoli che parlano di maternità, maternage e della filosofia dell’essere madre mi attirano sempre come calamite. Ma – essendomi rifiutata di leggere il risvolto di copertina – non sapevo bene cosa aspettarmi da questo romanzo. Mi aspettavo un romanzo sull’attesa, sul diventare madre (queste le idee che il titolo aveva evocato)… Ben diverso, invece è il contenuto.
Il romanzo, infatti, racconta del rapporto madre-figlio, descritto come l’amore più antico, più forte e più puro che esista in natura.
Il protagonista è Mattia che sa di avere poco tempo da trascorrere insieme alla sua mamma, da tempo gravemente malata. E’ per questo che Mattia dà il via a un’avventura privatissima eppure universale dove i ruoli di madre e figlio sembrano invertirsi per poi tornare a essere quelli stabiliti dalla natura : quella di non sprecare nemmeno un istante del tempo che sarà loro ancora concesso. Solo che ci sono da fare i conti con la quotidianità, con gli ostacoli e le difficoltà che questa comporta: il rapporto con il padre (cui è dedicato – non incomprensibilmente – il romanzo), con la fidanzata, il lavoro che lo annoia e che è un modo codardo di prendere tempo (altro tempo) per laurearsi e realizzarsi (e – in qualche modo anche la malattia della madre è la scusa perfetta per rimandare ancora).
Chiave di lettura di tutto il romanzo, come spesso accadde, è l’esergo con cui si apre il volume: una citazione di Donald Antrim (La storia del deterioramento di mia madre durato una vita, è, per alcuni versi, la storia della sua vita stessa. La storia della mia vita è intrinsecamente legata a questa storia, la storia del suo deterioramento. E’ la storia intorno alla quale ruota costantemente il mio modo di percepire me stesso e gli altri. Sarà questa storia, o in ogni caso il mio ruolo in questa storia, a permettermi di non perdere mia madre). Nel romanzo di Peano tutta la vita del protagonista è ridisegnata dal tempo immobile della malattia e i ricordi sono un rifugio sicuro nel quale sentirsi al riparo dal presente, la memoria è un esercizio che permette di sopportare l’oggi…. E l’ultima estate a disposizione per dire alla madre tutto quello che ha da dirle. Un’estate per restituirle tutti i baci della buonanotte che quando era bambino lei gli ha dato.
Bellissimo.
Carla
(L’invenzione della madre di Marco Peano, Minimum fax, pag. 252, euro 14)