Quando ero poco più che un’adolescente, andava di moda fare delle compilation su audiocassetta e regalarle ai fidanzati/fidanzate, amici/amiche… Livio (di cui ho cominciato a raccontarvi nello scorso post) attraversava la fase in cui faceva il dj alle feste di compleanno (anche al mio 18°!!!), si muoveva con un piccolo stereo, un milione di cd e le sue scelte musicali erano ricercate e bellissime. Livio mi preparava delle cassette per farmi scoprire gli artisti che pescava qua e là, e anche il nostro amico Alex faceva lo stesso. Una abitudine anche di Nick Hornby che ha affermato: «Un paio di volte all’anno mi faccio una cassetta da mettere in macchina, un nastro pieno di tutte le nuove canzoni che ho amato nel corso degli ultimi mesi. Ogni volta che ne completo una mi pare impossibile che potrà essercene un’altra. Ma c’è sempre, e non vedo l’ora che arrivi: basterebbe qualche altro centinaio di cose come questa per rendere la vita degna di essere vissuta».
Era un modo di spacciare buona musica sottobanco, prima che esistessero i file torrent, pirateria musicale… e via dicendo. Ed è questo il modo in cui bisogna approcciarsi alla lettura di “31 Canzoni” di Nick Hornby. Bisogna concepirlo come una compilation di idee, una rassegna di brani per l’autore imprendibili, quelli – insomma – che tutti dovrebbero Ascoltare almeno una volta nella vita: la sua personalissima “Top 31”. 31 canzoni, appunto, in 26 saggi che percorrono la risonanza emotiva che questi pezzi hanno avuto nella vita dell’autore: “Your Love Is the Place Where I Come From” dei Teenage Fanclub, “Thunder Road” di Bruce Springsteen, “I’m like a bird” di Nelly Furtado, “Heartbreaker” dei Led Zeppelin, “One man guy” di Rufus Wainwright, “Samba pa ti” di Santana, “Mama, You Been on My Mind” di Rod Stewart, “Can you please crawl out your window” di Bob Dylan, “Rain” dei Beatles, “You Had Time” di Ani DiFranco, “I’ve Had it” di Aimee Mann, “Born for me” di Paul Westeberg, “Frankie teardrop” dei Suicide, “Ain’t that enough” dei Teenage Fanclub, “First I look at the puree” dei The J. Geils band, “Smoke” dei Ben folds five, “A minor incident” (dalla colonna sonora del film “About a boy”) dei Badly drawn Boy, “Glorybound” dei The Bible, “Caravan” di Van Morrison, “So I’ll run” di Butch Hancock e Marce LaCouture, “Puff, the magic dragon” di Gregory Isaacs, “Reasons to be cheerful, Part 3” di Ian Dury & the Blockheads, “Calvary Cross” di Richard e Linda Thompson, “Late for the sky” di Jackson Browne, “Hey self-defeater” di Mark Mulcahy, “Needle in a haystack” dei The Velvettes, “Let’s straighten it out” di O.V. Wright, “Röyksopp’s Night Out” dei Röyksopp, “Frontier Psychiatrist” dei The Avalanches, “NO fun” e “Push it” dei Soulwax e “Pissing in a river” del Patti Smith group. 31 brani con pochi nomi famosi che saltano all’occhio (ma con titoli di “secondo piano”) e molti poco conosciuti.
Non voglio entrare nel merito, né sapere se conosciate o no, tutti i pezzi elencati. Io, man mano che leggevo i saggi (questo sebbene non ami leggere saggistica, perché si confonde troppo con quello che leggo per la tesi di dottorato che prima o poi dovrei scrivere… Ma il risultato complessivo del genere è un testo a cavallo far il diario, l’autobiografia confessionale e il saggio) avevo voglia di scoprire i brani che non conoscevo… Li cercavo su YouTube e li Ascoltavo a ripetizione, mentre leggevo il saggio loro dedicato. Mi sembrava un buon modo per entrare nell’atmosfera corretta e percepire meglio il senso delle parole di Hornby. Perché questo libro non è una raccolta di recensioni, ma una collezione di ricordi, aneddoti che vengono evocati da una canzone.
Il percorso che Hornby compie in questo personalissimo viaggio musicale è rigorosamente cronologico, lungo i tre decenni di “appassionato ascolto” da lui vissuti. E dentro non c’è solo la storia dell’autore, ma anche la Storia (quella proprio con la S maiuscola). Il suo approccio è spiegato da una sua frase: «Fossi stato in grado di scrivere musica, non mi sarei mai curato dei libri». La logica che troverete suggerita nel leggere questo libro parafrasa il decalogo del lettore Pennac (in “Come un romanzo“), ossia , tutti abbiamo il diritto di smettere di ascoltare una canzone che non ci piace. E a fronte di qualche titolo che probabilmente non vi sareste mai aspettati di trovare in questa compilation è un bene sapere che Hornby preferisce la musica pop perché, ha spiegato, «la musica classica non ha il potere di farmi sentire meglio».
Le intenzioni di Hornby erano di scrivere cosa dei 31 brani scelti lo avesse fatto innamorare, ma leggiamo molto soprattutto dei significati di cui l’autore ha vestito queste canzoni. Un pretesto per raccontare piccoli episodi che hanno ispirato i suoi romanzi, ma anche momenti di vita vissuta. E fra tutti voglio riportare qui un consiglio che ho dato spesso anche io per quanto riguarda le librerie: scegliete i piccoli negozi, gestiti da appassionati, piuttosto che un megastore dove i venditori vi propineranno principalmente i bestseller… E’ in questo modo che si scoprono davvero piccole chicche preziose.
E adesso, mi è venuta voglia di fare una cassetta con queste 31 canzoni, per ascoltarla mentre guido. Poi penso che la mia autoradio, adesso, ha il cd. E il sapore di questa compilation cambia un po’, ma va bene lo stesso. L’importante è il contenuto, no?
C
(31 Canzoni di Nick Hornby, Guanda, pagg. 190, euro 13,50)