Torna su questo blog un Matto per le Matte che avete già conosciuto. Lui è Dino (Leonardo, Leòn) Lodato che ha deciso di raccontare ai follower del nostro blog di un libro che ha appena “archiviato” come “letto”.
Come sapete, Dino è un giornalista di quelli doc… E nel post di oggi – in qualche modo – parla anche del suo mestiere.
Quello che non sapete ancora è che fra qualche giorno leggerete ancora di lui, ma in una veste nuova. Insomma, diciamo che si sta “allargando”. E poi ci domandiamo: avete notato che Dino è anche l’autore di un libro che abbiamo recensito qualche tempo fa? Qui il nostro post. A voi buona scoperta del libro Io se fossi Dio – L’Apocalisse secondo Gaber.
Le Matte da Leggere
«…La traccia è un copioso cahier de dolèance. Un manifesto di segno politico. Un monologo sulla fine del mondo, un incubo (post munchiano e preberlusconiano) a occhi aperti, dove le parole contano, pesano, e sono pietre. Un grido di dolore che sfiora il quarto d’ora. Accorato e lancinante tanto da rasentare la violenza…».
In queste poche parole si ritrova il succo di un lavoro di 117 pagine: Io se fossi Dio – L’apocalisse secondo Gaber, che lo scrittore siciliano ed esperto conoscitore del mondo del cantautorato, Mario Bonanno, ha presentato in quel piccolo scrigno di cultura che è la Libreria Mondadori di Modica.
Bonanno, che di libri sui cantautori ne ha scritti oltre una ventina, passando da Gazzè a Branduardi, da Paolo Conte a De Gregori, stavolta si è voluto concentrare non sul personaggio Gaber, ma su un suo brano, anzi, sul “brano per eccellenza“, quell'”Io se fossi Dio” che “rappresenta lo spartiacque tra la musica dei cantautori, fino all’inizio degli anni Ottanta, e tutto quel che viene dopo.
Perché Gaber non è un cantautore che si autocompiace nel suo saper scrivere. E’, invece, uno di quelli, pochi per la verità, che dice, e canta, quello che sente dentro. Le sue parole arrivano dritte al cuore, piazzano pugni dritto al fegato. Fanno paura e, soprattutto, fanno discutere.
L’attualità di “Io se fossi Dio” è disarmante se non fosse per un piccolo particolare. E cioè che quel disco, anomalo dal punto di vista tecnico, è uscito nel 1980. L’anno degli attentati firmati dalle Brigate Rosse, dell’uccisione del gionalista Walter Tobagi, della strage del DC9 Itavia sul cielo di Ustica e, come se non bastasse, dei 3 mila morti e degli oltre 300 mila senzatetto del terremoto in Campania e Basilicata.
E Bonanno chiede, e si chiede: come mai questo disco, un singolo a forma di 33 giri, inciso in un solo lato, uscì per un’etichetta che, fino a quel momento, si era occupata solamente di disco music? Semplice. Perché nessuno, men che mai la Carosello e la Dischi Ricordi, per la quale Gaber incideva regolarmente, avrebbero potuto accettare di immettere sul mercato un brano in cui si “bestemmiava” contro tutto e tutti. Gaber se la prende con la “casta” dei giornalisti, con la politica e, ciliegina sulla torta, lancia un’invettiva contro Aldo Moro, appena “clamorosamente” ucciso dalle Bierre: «…Io se fossi Dio, quel Dio di cui ho bisogno come di un miraggio, c’avrei ancora il coraggio di continuare a dire che Aldo Moro insieme a tutta la Democrazia cristiana, è il responsabile maggiore di vent’anni di cancrena italiana… c’avrei il coraggio di andare dritto in galera, ma vorrei dire che Aldo Moro resta ancora quella faccia che era…».
E su questa frase avranno da ridire in molti, compresi i più stretti collaboratori di Gaber. Compreso Sergio Farina, autore di quel magistrale arrangiamento. Dice Farina: !La versione originale del testo, in effetti, era sconvolgente. La frase su Moro disturbava anche me. Lo dissi subito a Giorgio… Così finisce che finisci nei guai».
I guai, in realtà, arrivarono. Soprattutto per il clamore di una canzone che venne censurata dai media. Bonanno ricorda l’episodio della partecipazione di Gaber al concerto per la raccolta fondi destinata a garantire la sopravvivenza del giornale Lotta Continua. C’erano anche Guccini e Battiato. Gaber cantò proprio “Io se fossi Dio”. Al termine dell’esibizione, standing ovation e “vana” rischiesta di bis. Niente da fare. Così come, i Tg di allora ignorarono la presenza di Gaber a quell’evento.
Episodi duri, reali che a distanza di tempo, forse, fanno ancora più male a questa Democrazia sempre più decadente. Rimane, però, una certezza. Da oggi ascolteremo questo brano, e l’opera omnia gaberiana, con un orecchio diverso. E, probabilmente, anche con più rispetto.
Leonardo (Dino, Leòn) Lodato
(Io se fossi Dio – L’apocalisse secondo Gaber di Mario Bonanno, pagg. 117, Stampa Alternativa)