Qualche giorno fa sono andata in libreria in cerca di ispirazione… E in effetti mi sono parecchio ispirata e – conseguentemente – ho fatto una marea di acquisti che non voglio anticiparvi perché vi rovinerei la sorpresa. Fra le tante meraviglie acquistate mi sono concessa anche “La fine del cerchio” di Beatrice Masini. Dell’autrice (che è anche giornalista) vi ho parlato più e più volte, in qualità di scrittrice, ma anche di traduttrice (di Harry Potter per esempio: è a lei che dobbiamo tutti i nomi italiani delle creature e degli oggetti magici che popolano la saga del mago con gli occhiali) e di editor. Mi permetto di ricordare solo un post dove parlo del primo libro che ho letto di lei (scritto a quattro mani con un altro grande della letteratura – e anche della tv – per l’infanzia e per ragazzi: Roberto Piumini). Sta di fatto che l’ho letta, l’ho amata… Poi l’ho incontrata e l’ho amata ancora di più.
Ad ogni modo, dicevo, che mentre mi aggiravo fra gli scaffali, mi sono imbattuta in questo romanzo che ancora non conoscevo (quando si smette di fare i librai specializzati qualche ghiotta novità – purtroppo – può scappare). E ho deciso di comprarlo.
Arrivata a casa, ho cominciato a leggere e non ho più potuto smettere… Grazie anche a una notte insonne a causa del caldo che oltre a non far dormire me, faceva svegliare il cucciolo in continuazione (credo per la sete). Sta di fatto che fra una poppata e l’altra, in cerca di una postazione un po’ ventilata che mi facesse respirare un minimo il libro è volato via in un soffio… Perché chi conosce la scrittura di Beatrice Masini sa che è come un balsamo dolce e fresco per una gola arsa e assetata. Sa che la raffinatezza è la sua cifra stilistica. E chi ha letto il romanzo di cui sto per parlarvi sa che è un testo poetico, dalle parole pesate e misurate come in un’elegia, mai scontate, ma non per questo costruite o complicate. E siccome la poesia è musica lo rileggerò di nuovo per gustare meglio tutte queste parole che in una notte calda e insonne sono sfilate sotto i miei occhi affamati di conoscere la fine della storia. Rileggere per sentire di nuovo nascere le emozioni.
Veniamo al libro che per la struttura, inoltre, mi ha ricordato un romanzo classico che ho amato moltissimo: “Il signore delle mosche” e di un telefilm di cui ho appena finito di vedere la seconda serie “The 100“. Per non parlare di “1984” e tantissimi altri riferimenti letterari.
Solo che “La fine del cerchio” non è una distopia (vale a dire l’opposto di un’utopia), come per i titoli appena citati, ma un’utopia a tutti gli effetti che racconta la storia di diversi gruppi di bambini e ragazzi che in un futuro imprecisato tornano a popolare la Terra dopo una catastrofe che l’ha resa inabitabile per parecchio tempo. I gruppi di bambini e ragazzi sono stati dislocati in vari punti del globo. E fra questi ci sono anche una rinomata località di villeggiatura, un’isola sul lago Vittoria, nel cuore dell’Africa, una villa settecentesca meravigliosamente affrescata.
Ciascuno di questi gruppi è guidato da un Vecchio – un adulto saggio – che ha il compito di tramandare, il proprio bagaglio di esperienze, ricordi e capacità e, in questo modo riavviare la vita sul pianeta rimasto disabitato per moltissimo tempo e di cui questi giovani ragazzini non conoscono nulla, non hanno memoria di questo mondo (che gli anziani, invece, non hanno il coraggio di ripopolare). E delle meraviglie del pianeta Terra, questi ragazzi hanno solo sentito parlare e anche gli oggetti più comuni sono quindi velati da aloni di mistero che solo i Vecchi possono rimuovere. Solo che c’è un Regolamento che prevede che, a un certo punto, i Vecchi abbandonino queste nuove Colonie. E anche i deus ex machina che tutto osservano dall’alto, quando i ragazzini avranno imparato l’arte della sopravvivenza si ritireranno.
I bambini hanno una missione e non possono farsi intimorire dalla paura dell’ignoto. E la loro forza sta nella curiosità e nella voglia di imparare; nella loro viva intelligenza e nella forza d’animo che li porterà a scoprire il mondo. E così con sguardi meravigliati (a volte attoniti) impareranno a pescare, a usare l’acqua che sgorga dai rubinetti, a nutrirsi con cibi mai assaggiati prima, ad andare in bicicletta… Diventando man mano sempre più indipendenti, intraprendenti e audaci. Perché il mondo è tutto da reinventare e questo può avvenire solo grazie ai bambini scevri da ogni condizionamento sociale e culturale. Ma che mondo costruiranno? Questi nuovi nati, giovani speciali, sapranno fare meglio di chi li ha preceduti e condannati a questa situazione così estrema?
E la poesia che prima raccontavamo delle parole si scioglie dentro queste immagini, dentro queste emozioni immaginate eppure così reali… Talmente vivide che spingono il lettore a riscoprire il mondo e il valore della vita, a guardare le cose da un punto di vista più ottimista. Per ottenerle, però, è necessario tornare a essere un po’ bambini, riconquistare il proprio spirito d’iniziativa, ricordare la capacità di stupirsi, incantarsi e meravigliarsi davanti alle bellezze del mondo.
In realtà il romanzo è il terzo volume di una trilogia inaugurata nel 2010 con “Bambini nel bosco” (l’unico libro per ragazzi ad essere stato inserito nei 12 finalisti del Premio Strega), e proseguita con “Solo con un cane” (tutti editi da Fanucci). E’ possibile però leggerli indipendentemente (io, per esempio, non ho ancora letto il secondo volume che non era disponibile in libreria quando ho comprato questo libro). Forse sono gli stessi bambini nel bosco… Bambini primitivi, meravigliose e pure creature senza stratificazioni, alla scoperta del mondo e delle emozioni. E allora ho trovato una buona scusa per rileggere anche questo libro, in attesa che arrivi il secondo volume della trilogia, per poi raccontarvi anche questi 🙂
C
(La fine del cerchio di Beatrice Masini, Fanucci, pag. 155, euro 12)