Poco prima della pausa natalizia, avevo cominciato a passare in rassegna diversi libri di Neil Gaiman (come avete già letto uno fra i miei autori preferiti). Quindi è il momento di ricominciare anche alla luce di un messaggio di Nicola sulla nostra pagina Facebook che diceva “Io dico che C secondo me non resiste se non mette American Gods“. E in effetti aveva ragione: se non avessi avuto 13 influenze, 500 bronchiti con complicazioni varie… Il mio successivo post dedicato a Neil Gaiman sarebbe stato proprio per questo romanzo che nel 2001 è stato insignito del premio Bram Stocker e nel 2002 dei riconoscimenti Nebula e Hugo.
A riassumere quanto più possibile il libro, si potrebbe dire che il protagonista Shadow viene ingaggiato dal signor Wednesday come guardia del corpo… (Ma dietro questa identità in realtà si cela il dio nordico – scandinavo per essere più precisi – Odino che intende richiamare a sè tutti gli antichi dei per iniziare una guerra contro le nuove divinità dei che lentamente si stanno sostituendo agli antichi dei nelle coscienze umane). A seguito di questo comincerà un’intricatissima avventura fantasy che vi terrà con il fiato sospeso.
Quando ho cominciato a leggere per la prima volta “American Gods” non è andata tanto bene. Non riuscivo a entrare nella storia. Quindi ho seguito uno dei consigli di Pennac. Ho chiuso il libro. L’ho tenuto sul comodino per un po’… Finché non ho sentito che mi “chiamava”. Un po’ non riuscivo ad accettare (sebben sia assolutamente un diritto di ogni lettore, proprio come insegna Daniel Pennac) di abbandonare una lettura. Un po’ non riuscivo ad accettare di abbandonare la lettura di un libro scritto da uno dei miei autori preferiti. Così l’ho riaperto ed è stata tutta un’altra storia.
Ho capito nel giro di poche pagine cosa non aveva funzionato la prima volta: ero stata io. La modalità con la quale mi ero approcciata alla lettura di questo romanzo era stata la stessa con la quale avevo cominciato a leggere tutti i suoi libri. Solo che “American Gods” è pensato per un pubblico decisamente più adulto di quello di “Coraline” o di “Nessun Dove”. E la brevissima sintesi della trama dovrebbe anche avervi fatto capire perché. Le mitologie che si mescolano nel racconto sono tante: da quella nordica a quella africana, da quella slava a quella dei nativi d’America, passando per quelle egizia, induista e irlandese; insomma, le divinità di tutti i pantheon mondiali, arrivate in America insieme agli immigrati che inconsapevolmente hanno portato con loro la propria tradizione, cultura e fede… A queste si aggiungono le nuove divinità (sulle quali non voglio dire più di tanto) comandate da un misterioso Signor World. I nuovi dei cercano di distruggere quelli antichi e la battaglia sta per avere inizio. In realtà c’è molto di più e se volete sapere come va a finire… dovete leggere.
Inutile dirvi, poi, che questo libro è stato un dono del mio amico Edy, che non smetterò mai di ringraziare per avermi fatto amare la fantasia di Neil Gaiman e le parole che sceglie per metterla sulla carta. Anche perché, “American Gods” è stato forse in assoluto il romanzo di Gaiman che più ho amato. Altra chicca: anche se non è un seguito di “American Gods” esiste un altro romanzo di Neil Gaiman ambientato nello stesso universo di questo romanzo; si tratta de “I ragazzi di Anansi”… E se leggerete “America Gods”, capirete di che si tratta.
C
(American Gods di Neil Gaiman, Mondadori, pagg. 532, euro 11)