Qualche tempo fa mi sono imbattuta nel film American Psycho che solo dopo ho scoperto essere stato tratto dall’omonimo libro di Bret Eston Ellis. Il film mi aveva presa a schiaffi e, sebbene normalmente preferisca fare il contrario (e quindi vedere il film solo dopo aver letto il libro), avendo scoperto di una lunga polemica giornalistica sulla pubblicazione del libro non ho saputo resistere, sono andata in libreria e ho comprato una copia del romanzo.
Il romanzo, la terza opera di un autore all’epoca (1991) solo ventiseienne, è ancora più estremo, cruento e violento del film (che fra le differenze principali mostra proprio quella di averne “edulcorato” il contenuto). Talmente estremo che pochi mesi prima dell’uscita, la casa editrice che ne aveva preacquistato i diritti decise di rinunciare all’anticipo che aveva versato e di non pubblicarlo più per “divergenze estetiche”. Un altro editore ne acquistò i diritti e quando il volume arrivò in libreria si sollevò un vero e proprio vespaio. Le polemiche (ma anche le vendite) furono enormi e non si trattò più solo di un fatto letterario, ma anche di costume visto che il romanzo fotografa la New York degli anni 80-90, in particolare la vita dei rampanti giovani del mondo della finanza.
In strettissima sintesi, il romanzo racconta la storia di Patrick Bateman: giovane, bello e ricco che lavora a Wall Street, vive a Manhattan e ama la bella vita. Locali e ristoranti alla moda, palestre e spa esclusive, passione per la moda e l’eleganza maschile, sesso con cameriere esplosive e – soprattutto – chilometri e chilometri di piste di cocaina. ma nonostante tutto questo c’è di più. Patrick Bateman, infatti, di notte si trasforma in un serial killer, un torturatore omicida, freddo, metodico, maniacale, sanguinario e spietato. Ultraviolenza e orrore (che arrivano al cannibalismo, alla necrofilia) che vengono riversati su prostitute e barboni e poi su chiunque gli capiti a tiro, senza provare nessuna emozione… Nessun senso di colpa.
E la violenza ti percorre la pelle come una scossa elettrica. Probabilmente per la scelta narrativa del presente e della prima persona che spinge il lettore a immedesimarsi con il protagonista (o quantomeno a divenirne complice) e a provare la sola emozione che il protagonista, razzista e misogino, dice di essere capace di provare: il disgusto.
Per tutto questo la critica definì “pericoloso” il romanzo, perché Bateman è percepito come un modello da imitare nel suo amore per il lusso e nelle fredde efferatezze che è capace di compiere. Ma più critici insistevano e più il pubblico si incuriosiva.
Generalmente non amo queste letture. Il genere non mi appassiona, la violenza gratuita mi sconvolge profondamente e il realismo di questa violenza lo fa ancora di più. Il nostro mondo è già troppo spaventoso per volerne leggere gli orrori e immergercisi dentro fino a sopra il naso. Però alcuni di questi romanzi vanno letti, perché anche se ogni giorno ci confrontiamo con gli orrori del mondo, leggere di violenze possibili ma non reali ci permette di vedere meglio ancora il mondo in cui viviamo.
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(American Psycho di Bret Eston Ellis; Einaudi, pag.522, euro 15)