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Chissà come dicono minchia in Malesia è un romanzo di Gualtiero Sanfilippo al quale non ho saputo resistere qualche giorno fa al CUB – Castello Ursino Bookshop. Mi ha fatto ridere il titolo e la logica da traduttore sottesa al titolo stesso… Perché qui non si tratta solo di tradurre un termine, un significato, ma tutti gli annessi e connessi a quella che in siciliano è un esclamazione di stupore, di paura, di incazzatura, di sorpresa, di meraviglia… E chi più ne ha più ne metta.
A questo interesse, si è aggiunta poi la curiosità di leggere il romanzo di un collega giornalista palermitano che ha lavorato per diverse testate online e radiotelevisive… E la memoria di quando mio papà mi consegnò fra le mani i romanzi di Emilio Salgari che raccontavano le avventure di Sandokan (poco prima che in televisione cominciassero a trasmettere gli episodi dello sceneggiato televisivo tratto da questi con protagonista l’attore indiano Kabir Bedi nei panni del pirata della Malesia).
Il libro è un romanzo di formazione che racconta la storia di un giovane e intraprendente siciliano che parte alla scoperta della Malesia, un paese lontanissimo (a 12000 km di distanza dalla sua città natale) che però da terra esotica e affascinante, dove tutto è meraviglia e scoperta, diventa luogo familiare, ma anche specchio del suo mondo interiore. La narrazione è autobiografica, visto che Gualtiero Sanfilippo racconta l’esperienza reale che un po’ per caso si è trovato a vivere: una “proposta cazzona” che si trasforma in un evento che deve “accadere inevitabilmente” insieme a una squadra di ragazzi provenienti da diverse nazioni che si occuperanno della prevenzione Hiv/Aids (senza essere medico e pensando al padre che, invece, lo era). Il suo inglese, unica lingua possibile per la comunicazione, è stentato e faticoso… Ma la sua capacità di ironizzare su questa sua “incapacità di comunicazione” renderà quella che normalmente è una pecca per un viaggiatore esperto in un suo tratto caratteristico. Un po’ come le due valigie con cui inizia il viaggio (una piena di vestiti, l’altra piena di souvenir siciliani – pupi, coppole, bretelle, strummule, bandiere con la trinacria – da regalare ai compagni del progetto) che fanno sembrare il protagonista come una Paris Hilton preoccupata di non avere il necessario.
La Malesia è ammaliante come una donna seducente. Giungle insidiose, isole selvagge, templi induisti, 10000 Buddha, e infinite moschee… Una terra ricca di contraddizioni costruite nel tempo dal via vai di culture e religioni. Una terra che ti insegna a spogliarti del superfluo dei beni esteriori, e a rivalutare tutte quelle eredità personali che ciascuno di noi porta nel cuore e che ci rendono quello che siamo. Il tutto alla scoperta di quello che si è e si vuole essere, ma anche di quello che veramente è il mondo che ci circonda.
Così guerraglioformo viene finalmente inteso come where are you from… E Kuala Lumpur, la città-giardino delle luci, è viva come il mercato del Capo di Palermo… E mentre si apprende una lingua straniera, e si insegna il dialetto siciliano, il nostro protagonista per tutto il romanzo prenderà il nome di Fettuccine (se volete scoprire perché, leggete il romanzo).
Carla
(Chissà come dicono minchia in Malesia di Gualtiero Sanfilippo, Edizioni Il Palindromo, pag. 228, euro 12)