E’ martedì e arriva puntuale l’appuntamento con i Matti per le Matte da Leggere. Sara Figura ci diletta con il racconto di un romanzo ambientato in Sicilia. Buona lettura!
Preparando l’esame di Letteratura Contemporanea, mi si è presentata l’occasione di leggere Conversazione in Sicilia, un romanzo di formazione scritto da Elio Vittorini nel periodo fascista. Il fatto che sia ambientato in Sicilia mi ha fatto riconoscere varie peculiarità della mia terra, nonostante si tratti di un viaggio perlopiù fantastico, come si evince già dalla descrizione delle tappe e dei paesaggi incontrati lungo il tragitto, ma andiamo con calma.
Vittorini scrive di Silvestro, un giovane uomo che dichiara fin dalle prime righe di essere in preda ad “astratti furori”, espressione rimasta celebre e che sta ad indicare il sentimento di dolore e di impotenza nei confronti del genere umano perduto. Inizia confessando la sua apatia e la sua inerzia nei confronti della moglie, dei figli, degli amici, della vita. Silvestro vive a Milano da quindici anni e, ricevuta una lettera di suo padre con cui gli comunica che è andato via di casa per vivere con un’altra donna, esortato da determinate coincidenze, decide di tornare in Sicilia, la sua terra natia, per far visita a sua madre. Il viaggio in treno è molto lungo e non arriverà in un giorno qualsiasi, ma proprio l’8 dicembre, giorno in cui ricorre l’onomastico della madre, Concetta.
Sul treno incontra i primi personaggi che riempiono la sua solitudine durante il viaggio di ritorno all’isola e, tra questi, la figura più significativa è quella del Gran Lombardo. Un uomo alto, dai caratteri normanni, un proprietario terriero che Silvestro scambia inizialmente per un professore. Questo è il personaggio attraverso cui Vittorini ci presenta il tema del risveglio interiore, necessità sentita dall’autore ed esplicata dal proprietario terriero con un invito ad assumere una nuova coscienza, ad “aspirare nuovi e più alti doveri”: il Gran Lombardo per lo scrittore rappresenta la Sicilia lombarda, un mito incarnato in uomo dai più alti valori morali, civili ed etici.
Una volta giunto al paese natale, Silvestro si reca a casa della madre che, pur non vedendolo da 15 anni, non gli riserva un grande benvenuto, ma si limita ad invitarlo a mangiare insieme l’aringa che aveva cucinato per pranzo. Parlano a lungo e i racconti della donna, orgogliosa e contraddittoria, lasciano trapelare la sua fragilità, rievocando in Silvestro alcuni episodi della sua infanzia, definendo in maniera più chiara i suoi ricordi che erano in parte confusi. Quando arriva il momento di iniziare il giro delle case per far le punture ai malati di malaria e tisi – è così che la donna si guadagna da vivere -, il figlio decide di accompagnare la madre. Per lui queste ore risultano trasformarsi in un’esperienza profondamente significativa che lo porta a riflettere sul dolore che affligge l’intero genere umano. Il protagonista riflette sul “mondo offeso”, ovvero sugli uomini indifesi e ormai rassegnati al loro destino da oppressi.
Inizia a questo punto la parte più simbolica del romanzo: Silvestro decide di separarsi dalla madre e fare un giro in solitaria per il paese, durante il quale incontra altri quattro personaggi funzione con cui prosegue la riflessione cominciata durante il giro con la madre. Attraverso l’arrotino Calogero, il sellaio Ezechiele, il panniere Porfirio e l’oste Colombo l’autore ci presenta le principali ideologie antifasciste e quella borghese che prevale sulle altre.
Lasciati i compagni, Silvestro, raggiunge il cimitero, dove incontra il fantasma di un soldato morto in guerra che gli racconta di quando era bambino e giocava con suo fratello Silvestro: il protagonista riconosce allora nel fantasma il fratello Liborio.
L’indomani il protagonista si sveglia a casa e riceve una lettera che annuncia la morte del fratello in guerra. Dopo aver discusso con la madre, Silvestro raggiunge la statua del paese dedicata ai caduti, ritrovandosi circondato dai personaggi incontrati durante il viaggio. Rincasato trova però la donna china a lavare i piedi di un uomo che gli sembra essere suo padre e, ignorandolo del tutto, esce di casa per ripartire per Milano.
Il libro si conclude con una nota dell’autore che afferma di trattarsi di un libro fantastico per non incorrere nella censura fascista. Ricco di un alternarsi di dialoghi polisemantici, Vittorini inoltre inserisce ripetizioni ossessive di parole e intere frasi, fermando il tempo dell’azione rispetto a quello della narrazione. Conversazione in Sicilia si rivela essere un romanzo allegorico interpretabile in svariati modi, ma è sicuramente una testimonianza della situazione italiana durante il periodo fascista. Un testo che resta attuale sia nello sguardo che volge al passato che in quello che volge al presente.
(Conversazione in Sicilia/ Elio Vittorini/ Rizzoli/pp. 372/ 9,00 €)