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Matte da leggere
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Così vicino alla felicità

Il 06/12/2016 da Matte

Evidentemente Leonardo Dino-Leon Lodato ci ha preso gusto… Perché ci ha regalato subito un’altra recensione che, visti i termini in cui ce l’ha motivata e anticipata, pubblichiamo con tanto di lettera di accompagnamento. In modo che possiate conoscere meglio anche voi questo Matto per le Matte.

Care Matte da Leggere,
stavolta non voglio parlarvi di musica. Tra le ultime letture che mi sono capitate addosso, ce n’è una che mi ha colpito più delle altre. Più che la lettura di per sé, è stata l’esperienza di entrare dentro la Casa circondariale romana di Regina Coeli, per assistere alla cerimonia finale del Premio Letterario Goliarda Sapienza. Guardare da vicino i volti di quei detenuti-scrittori provenienti da tante carceri italiane, sentire le loro parole, i loro pentimenti. Vedere le loro lacrime di gioia e di rabbia. Alzare lo sguardo e accorgersi di essere osservato da chi ti guarda attraverso i vetri di invalicabili inferriate, ti fa venire un groppo in gola. Ti fa capire quanto flebile sia il confine tra il Bene e il Male. Alla fine della cerimonia, mal me ne incolga, non avevo il “mio” pass. Mi blocca un secondino e mi dice che, senza consegnare quel pass non posso uscire da Regina Coeli. Attimi di panico che mi sembrano ore e ore. Un altro secondino, che mi controlla a vista, mi dice nel suo accento romanesco: “A dotto’, al gabbio è facile entrare. Il difficile, mi creda, è uscire!”. E’ una battuta ma non tanto. Ti rendi conto che nella vita, a volte, basta un banale equivoco della mente per entrare lì dentro, inconsapevole di quel che hai fatto o non hai fatto. Il difficile, poi, è indossare quelle tanto sospirate ali della libertà. Loro, i venticinque finalisti del Premio Goliarda Sapienza, ci provano così.
L’inchiostro che ti macchia le dita per prenderti le impronte. Quell’odore caratteristico che ti entra nelle narici e viaggia fino al sangue, che non riesci più a scrollartelo di dosso nemmeno dopo una, dieci, cento docce. E quei pensieri che ti affollano la mente. Sono le voci di dentro, quelle dei detenuti che, quell’inchiostro maledetto, preferiscono usarlo sulla carta. Sono quei detenuti-scrittori autori dei “Racconti dal carcere – Così vicino alla felicità”, che hanno partecipato alla VI edizione del Premio letterario Goliarda Sapienza. E così, tra le 326 pagine del libro-raccolta curato da Antonella Bolelli Ferrera (Edizioni Rai Eri), con la prefazione di Dario Edoardo Viganò, scopri che in quelle celle strette, asfissianti, buie, esiste un barlume di speranza. Già, c’è proprio voglia di “evadere”, almeno mentalmente, di riassaporare la vita vera, non quelle vissuta, per caso o per volontà innata, al ritmo della violenza. Ci sono ergastolani, vittime e carnefici di se stessi, pentiti e recidivi. Soprattutto, ci sono donne e uomini che vogliono tirare fuori se stessi da quel pantano chiamato galera dove è facile entrare ma è è davvero difficile usicre. Loro ci provano. Ed espiano la pena mettendo mano alla penna, guidati ognuno da un tutor d’eccellenza. E così, ci sono tre siciliani, Antonio, che partecipa (e vince) nella sezione Minori e Giovani Adulti. Guidato dal tutor Erri De Luca, elabora il racconto “Il biglietto di Rosa Parks” che vince il primo premio perché, dice la motivazione, “originale, musicale, comunicativo. Una storia non storia che avvolge e affascina, un collage di anime ‘graffiate’, che si raccontano con la purezza e l’impulsività tipica della loro giovane età. Uno sguardo critico e allo stesso tempo spontaneo sulla vita, corale e complesso, nitido e struggente”.
Antonio è siciliano. Di Acireale. Come siciliano è Salvatore Torre, di Barcellona Pozzo di Gotto. Scrive durante le sue lunghe giornate in carcere. Salvatore è un “fine pena mai”. Scrive “Parafrasi di un lutto diversamente elaborato”, terzo classificato nella categoria Adulti. Il suo tutor è Alessandro D’Alatri che, nell’introduzione al racconto, spiega: “…La tua storia parte proprio da lì. Da quel senso di torto subito cui non si potrà porre rimedio se non attraverso un’azione personale. Improvvisamente un sentimento ne genera un altro: la vendetta. Quel pensiero ossessivo generato da rancore e alimentato dall’orgoglio che conduce alla realizzazione del gesto appagante. Ma inevitabilmente l’appagamento risulta futile e chiama in causa l’ultimo e doloroso sentimento: il rimpianto…”.
C’è ancora il comisano Biagio Crisafulli (con “Un altro io”, tutor Pino Corrias). Ci sono le voci di donne donne, come Olga Amosova, e donne ragazzine, come Letixia. Ci sono Storie, sì, con la S maiuscola. Scritte davvero bene, con la testa e con il cuore. C’è la voglia di riscatto, di far sentire la propria voce, di superare il confine di quelle sbarre e gridare al mondo intero che anche un po’ d’inchiostro può servire a cambiare una vita. A dare una speranza in più a chi, varcata la soglia del carcere, rischia di cadere in quella sorta di terra della dimenticanza dai confini invalicabili.
Leonardo Lodato
(Così vicino alla felicità – Racconti dal carcere, a cura di Antonella Bolelli Ferrera, Rai Eri)

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