Con il post di mercoledì scorso, mi è venuta voglia di scrivere un nuovo #nostalgicreader dedicato al primo libro di Gianni Rodari che mi sia mai capitato fra le mani e che proprio per questo per me è particolarmente importante. Era la festa per il mio ottavo compleanno, quando una delle mie michette del cuore dell’epoca, Matilde, mi regalò Favole al telefono. Un’edizione Einaudi che ancora campeggia, con la bella copertina di Bruno Munari, sui miei scaffali dedicati alla Letteratura per ragazzi e per l’infanzia.
Il libro non mi fece voglia di leggerlo immediatamente, perché era il mio primo totalmente privo di illustrazioni e temevo che la sua lettura potesse risultare noiosa. Solo che non sapevo con chi avrei avuto a che fare… E non sapevo che l’avrei divorato e poi amato con tutta me stessa.
La struttura della raccolta di racconti è vincente. C’è una cornice che tiene insieme tutte le 70 brevi favole che compongono il libro: c’è un papà, il ragionier Bianchi di Varese che a causa del suo lavoro (il rappresentante di commercio) sei giorni su sette era costretto a viaggiare in lungo e in largo per l’Italia intera, vendendo medicinali. Ma la sua bimba voleva ogni sera una storia nuova e così, ovunque si trovasse, il ragionier Bianchi, alle nove esatte telefonava alla sua bambina per raccontare una storia a sua figlia. Ed ecco il motivo per cui le storie sono un po’ brevi: la teleselezione costava parecchio (quando è stato scritto il libro, negli anni Sessanta, non c’era solo la teleselezione, ma persino la prenotazione della chiamata tramite un centralino… Non è così tanto tempo fa, ma scritto così sembra davvero preistoria) e così le storie dovevano essere per forza corte, anche se qualche volta, se il ragioniere aveva concluso buoni affari, poteva concedersi qualche “unità” in più.
Si narra, che al momento della storia del ragionier Bianchi, tutte le signorine del centralino sospendevano le chiamate per ascoltarlo.
Una specie di Decameron però molto più divertente e leggero di quello di Giovanni Boccaccio (anche se, per l’epoca della sua stesura, l’opera di Boccaccio era ritenuta di intrattenimento leggero).
Le 70 storie di Gianni Rodari, quindi sono anche la lettura perfetta per concludere la giornata per una bimba di otto/nove anni che, abituata alla fiaba della buona notte voglia passare a letture autonome: sono lunghe al modo giusto per leggerne una o anche due e poi spegnere la luce, chiudere gli occhi e fare la nanna.
Si tratta di storie divertenti, buffe, irriverenti, imprevedibili, fantastiche, fantasiose (tutti ricche di quella inesauribile capacità di invenzione che Gianni Rodari sapeva magicamente coniugare con la realtà): una vera palestra di fantasia per tutti i lettori e anche per quei i bambini che vogliano cimentarsi nello scrivere le loro storie. Così fra donnine che contano gli starnuti, cacciatori sfortunati, Giovannino Perdigiorno, lue passeggiate di un bambino distratto, palazzi di gelato tutti da leccare per impedire che si sciolgano, palazzi tutti da rompere, Alice che cade nelle figure, nasi del re da toccare e altri nasi che scappano, guerre di campane, strade che non portano in nessun posto, vecchi proverbi, ascensori per le stelle, topi che mangiano gatti e meravigliosi numeri da inventare… Queste favole eleganti, ironiche, fresche e spassose sembrano non conoscere il passare del tempo e questo libro non può che entrare a far parte della collezione di nostalgic reader di questo blog.
C
(Favole al telefono di Gianni Rodari, Einaudi, pag. 170, euro 15)