Questo 2015 non è cominciato proprio benissimo. Certo, nulla a che vedere con il dramma con cui si era aperto il 2014… Ma anche quest’anno non che abbia avuto un avvio meraviglioso. Tanto per gradire, infatti, giorno 2 – dopo un’estenuante giornata di lavoro con M – ho cominciato a dare sottili segnali di insofferenza. Mal di testa, nausea, scialorrea (che non è una cosa magnifica, ma neanche così schifosa come potrebbe far pensare il nome: significa “salivazione eccessiva”)… e vai annessi e connessi. E poi febbre, brividi e sudori freddi, mal di pancia… Una caccola!
Insomma, mi decido a risalire in macchina e a tornare a casa. E una volta lì mi si è spalancato un mondo intero. Non stavo a casa di pomeriggio non saprei dire da quanto tempo. Non riuscivo a stare distesa (per via di questa nausea insopportabile) così mi sono stesa sul divano turchese (una recente conquista in fatto di arredamento), due cuscini dietro la schiena, copertina di lanetta bianca e ho deciso di cominciare il libro che mio fratello Antonio, mia cognata Tiziana e la mia nipotina-figlioccia Elena mi hanno regalato per l’onomastico: I love shopping a Hollywood di Sophie Kinsella, al momento ultimo fra gli episodi che vedono protagonisti Rebecca (Becky) Bloomwood, la shopaholic più amata della letteratura mondiale.
Ho già confessato di avere un debole per questa serie. E credo anche di aver confessato di essere anche io affetta dalla malattia dello shopping coatto per cui – durante la lettura di tutti gli episodi di questa saga – il mio umore altalena parecchio e passa dall’ilarità più generosa al ridacchiamento sotto i baffi, al senso di umiliazione più profondo. E così è stato anche leggendo questo episodio. Sin dalle prime pagine, sin da quando Becky cerca un nuovo lavoro a Los Angeles. Sin da quando partecipa decide di sostituire un membro della squadra di Sage Seymour alla Ten Miler.
Becky non ha neanche lontanamente idea di cosa significhi correre. Anzi… Subito prima di comprare la migliore attrezzatura in commercio per i runners, Becky ha tentato di infilarsi nella taglia 36 di una guaina contenitiva: un’esperienza a dir poco drammatica. Non solo. Nelle sue intenzioni ci sarebbe stata anche quella di allenarsi, ma fra la ricerca di una casa (spesso messa in secondo piano per altri generi di divertimenti come lo shopping, giusto per fare un esempio) e lettera di referenze vivente da recapitare al suo nuovo capo (l’amico stilista Danny, ha deciso di presentarsi di persona anziché inviare una semplice mail)… L’allenamento è stato sostituito da numerosi drink sulla Hollywood Boulevard con Danny (che sta per partire per la Groenlandia per un’esperienza “mistica”). Al momento della partenza della corsa, Becky è perplessa circa le sue reali possibilità, ma sa anche che “a breve svilupperà le endorfine” che le permetteranno di non sentire la fatica. Quindi comincia a inseguire i cappellini turchesi per riuscire a trovarsi faccia a faccia con Sage e poterle finalmente proporre di diventare la sua Personal Stylist. Perché questo è il sogno Hollywoodiano di Becky. Immaginatevi la delusione, quindi, quando Becky scoprirà di essere la sola in corsa per il Team Sage.
Divertente come sempre… Anche se questa volta mi è rimasto un po’ di amaro in bocca. Perché ho avuto la stessa sensazione di quando hanno tratto due film da Breaking Dawn di Stefanie Meyer sospendendo il primo film proprio nel momento di maggiore tensione (ma va!) di tutto il romanzo: il parto e la trasformazione di Bella Swan. Non si fa così, non si fa. Non si chiude un libro con un “To be continued” (soprattutto quando hai abituato i tuoi lettori a leggere episodi autoconclusivi: un romanzo, una storia). Non si fa. Anche perché il successivo episodio della saga, tutti gli appassionati di Becky Bloomwood lo avrebbero comprato ugualmente e con maggiori soddisfazioni (tutte le volte che esce un libro firmato da Sophie Kinsella o Madeleine Wickham, il vero nome dell’autrice, schizza in vetta a tutte le classifiche di vendita… Quindi perché questo “tradimento”?).
Ad ogni modo, fra risate e leggerezza è arrivata la fine di questo strano pomeriggio sul divano. Da questa vicenda ho appreso due cose: sul divano leggo molto di più (e molto più velocemente) che a letto (dove di fatto svengo non appena ho tirato su le coperte); quando non c’è Marzio leggo molto di più (e più velocemente) che quando lui si aggira per casa. E adesso come si fa?
C
(I love shopping a Hollywood di Sophie Kinsella, Mondadori, euro 17, pagg. 383)