Ho comprato e letto questo libro per convincermi della tesi che sostiene l’autrice. Questo sebbene (anzi proprio perché) sia in netto contrasto con la mia. “Il cervello delle mamme” di Katherine Ellison, infatti, è controcorrente. Mi spiego meglio. Da quando avevo il pancione, la mia vita ha subito tanti, e bruschi, cambiamenti, ma non nel senso in cui state pensando tutti.
La mia vita è rallentata. Per fare quello che normalmente avrei fatto in 10 minuti, impiego ore. Il mio cervello perde colpi. La prolattina mi intontisce (e mi rende rimbambita da un lato, molto aggressiva dall’altro). Ho sempre la testa tra le nuvole, non riesco a concentrarmi, dimentico le cose, vedo solo pancioni e neonati, sorrido come una scema davanti a un paio di scarpine, guardo assorta il mio cucciolo senza riuscire a capacitarmi davvero di averlo fatto io (“mattoncino su mattoncino”). E adesso che c’è anche la stanchezza per le notti insonni con un milione di poppate notturne (maledetto questo caldo asfissiante) la questione si è fatta ancora più grave.
Eppure Katherine Ellison – giornalista affermata che, prima di sposarsi e avere due figli, faceva la corrispondente dal Sudamerica per il “Miami Herald” – dice che non è vero. Lei questo calo di intelletto durante le gravidanze e poi nel periodo immediatamente successivo non lo ha avvertito. E quindi – visto anche che era terrorizzata all’idea di vivere quello che si racconta sul cervello delle mamme – ha cominciato a fare ricerche e raccolto prove scientifiche che il cervello delle mamme è più efficiente, che non si perde brillantezza intellettuale, che l’attività mentale più impegnativa non è certo quella di cambiare i pannolini. E questo studio viene raccontato con rigore scientifico, ma anche una certa ironia dettata dall’esperienza di vita vissuta.
Quindi io non sono una “mamma rimbambita” (luogo comune da sfatare, secondo la Ellison), ma sono più intelligente, brillante, attenta, sensibile e decisa. Ho nuove capacità (da scoprire e da imparare a mettere a frutto) ed è tutto merito di Madre natura. Perché l’efficenza non si misura solo in termini di lavoro, ma anche di capacità emotive, sociali, pratiche, motivazionali.
I bambini sono “catalizzatori di intelligenza“. E’ questo il punto di partenza della teoria di Katherine Ellison per aprire le porte della mente umana e sulle capacità di questa di rinnovarsi e adattarsi a seconda delle necessità. La maternità rientrerebbe fra queste e, quindi, per necessità – appunto – le facoltà mentali delle donne non solo non vengono intaccate, ma piuttosto vengono potenziate: migliora la percezione (questo è vero, si acquisisce anche una specie di sesto senso), l’efficienza (è vero anche questo: non mi ero mai accorta di avere tre mani, visto che riesco ad allacciarmi le scarpe con una bambino in braccio), la capacità di recupero (è vero anche questo: non avrei mai pensato di poter dormire tre ore scarse e frazionate a notte e di potere continuare a vivere – quasi – come una persona normale), la motivazione (vero anche questo: altrimenti nessuno farebbe un secondo figlio) e l’intelligenza emotiva (e come negarlo?). In effetti, su alcuni fronti sono più organizzata e veloce anche (per esempio nel cucinare) e ho accorciato notevolmente anche il tempo che impiego nel prendere decisioni (meglio questo libro o quest’altro? Facciamo tutti e due, chissà quando mi ricapiterà di uscire!!!). Quindi sono più produttiva?
Secondo me, sebbene mi faccia piacere aderire al pensiero dell’autrice non è così. Se sono vere tutte le questioni sollevate dall’autrice, almeno nel mio caso sono altrettanto vere quelle che hanno costituito ciò che nel tempo è diventato – appunto – il luogo comune della “mamma rimbambita”. Vale a dire, ci sarà pure un motivo se questo pensiero diffuso si è costituito, no?
Insomma, io mi sento decisamente più lenta di pensiero. Quando devo scrivere qualcosa impiego molto più tempo di prima e se devo riprendere i fili di una cosa lasciata in sospeso… Neanche a dirlo, sono un disastro. E non mettiamo in conto le interruzioni e l’impossibilità effettiva di mettersi sedute a una scrivania quando si è diventate mamme da poco. Quindi alla fine secondo me – e almeno nel mio caso – la verità sta nel mezzo, sono migliorata su alcuni fronti e decisamente peggiorata su altri, cucino più velocemente ma scrivo più lentamente; decido più velocemente, ma altre volte mi incanto come un disco rotto. Quello che però è importante far passare del libro della Ellison è che si può imparare a usare sempre meglio le nuove facoltà acquisite… soprattutto mettendosi in testa che si è “molto più forti e molto più in gamba di quanto non si possa pensare!” e questa è una grande verità… perché adesso non si pensa più solo per se stessi, ma sempre per due; le esigenze non sono più quelle di una sola persona, ma quelle di un intero nucleo famigliare e soprattutto di una piccola creatura che dipende interamente dalla sua mamma.
Carla Panza
(Il Cervello delle mamme di Katherine Ellison, Rizzoli, pag. 303, euro 17)