Questo libro l’ho comprato l’anno scorso, durante l’ultimo appuntamento di una rassegna di incontri con l’autore che mi piace un sacco e che si chiama “Un autore per cena”. Il titolo del cartellone di appuntamenti gioca sul “mangiarsi” l’autore e sul condividere con lui una cena che viene pianificata a tema, in base all’argomento del romanzo, alle pietanze che vengono degustate nel libro (se ce ne sono) alla provenienza dello scrittore stesso… E normalmente, visto che lo chef è un vero e proprio mito si mangia davvero da Dio. Il romanzo in questione è Il piantagrane, di Marco Presta.
Il libro è compreso nel prezzo della cena sontuosa che chiude l’appuntamento e non so perché, sebbene fossi famelica subito dopo l’appuntamento e la conversazione (e in realtà anche prima di ascoltarlo parlare… Visto che io adoro Marco Presta e lo ascolto tutte le mattine su “Il ruggito del coniglio“), ma una volta a casa il volume era finito sul comodino e poi sovrastato da altre letture, libri regalati, libri che dovevo leggere, titoli da presentare… Insomma, non lo avevo neanche aperto. Durante questo ultimo scorcio di vacanze, però, mi sono ritrovata il romanzo fra le mani e finalmente ho cominciato a immergermici. Ed è stato amore a prima vista. E anche adesso che l’ho finito, vorrei che ce ne fosse ancora e ancora. Quindi ho deciso di compensare andando a comprare gli altri libri firmati Marco Presta che ha una prosa divertente e leggera, con una equilibrata passione per la linguistica generativista (che lo porta a mettere in bocca a un personaggio un linguaggio fatto di strafalcioni e parole ricostruite analogicamente sul modello di parole note), ma anche il giusto piglio giornalistico della denuncia e la fantasia di un romanzo per ragazzi dove le piante parlano fra loro e hanno persino un “tam-tam” per diffondere e ricevere notizie da lontano (un po’ come ne “La carica dei 101”, quando Pongo e Peggy chiedono aiuto ai cani del quartiere per ritrovare i loro cuccioli).
Il libro di Marco Presta è pieno di buonsenso. E’ un romanzo che tutti dovremmo leggere per far emergere quel rigurgito di coscienza che noi italiani in particolare dovremmo provare di fronte a numerosi fatti, soprattutto politici, che costellano la cronaca quotidiana.
Il piantagrane è il protagonista del romanzo. Un vivaista che non ha aspirazioni diverse da quanto non abbia già ottenuto dalla vita… Ma non per pigrizia, solo perché lui è felice di quello che ha: del suo piccolo vivaio, delle sue piante, dei brevi momenti in cui incontra la spazzina (oooops, ora si dice “operatrice ecologica”) di cui è segretamente innamorato. Solo che un giorno, mentre i viburni chiacchierano e l’ostile albero di limone cerca un nuovo modo di dimostrare il proprio odio per il vivaista, un uomo duro come un filo di ferro e dalla bocca con i denti a scopa, tutti rotti (ma proprio tutti tutti) si presenta al vivaio e lo strappa al suo mondo, promettendogli (o meglio, promettendo e ricordando a se stesso) che non gli farà del male. Proprio mentre quest’omino carica in auto il nostro eroe, al vivaio si presenta un trio misterioso di persone da cui questa strana neo-coppia riesce a fuggire. E’ così che comincia l’avventura del nostro protagonista che ha un superpotere, dono speciale, unico, irripetibile, del quale non si conosce né l’origine, né la ragione. Giovanni (questo il nome del vivaista con la scoliosi) ha un potere che può cambiare il mondo: ha il potere di ripristinare l’ordine costituito delle cose… Insomma, detto più semplicemente, di far andare le cose come dovrebbero andare davvero se non ci fossero imbrogli, giochi di potere e schifezze varie del genere… Con cui, purtroppo, abbiamo imparato a fare i conti (a tutti i livelli).
Così, Marco Presta ha descritto quello che ha animato la voglia di raccontare questa storia: «Gli italiani non sono portati per la rivoluzione. Bravissimi nel tiro al piattello e irraggiungibili nell’arte culinaria, la rivoluzione non rientra però nell’elenco delle loro specialità. In centinaia d’anni, mentre francesi, americani e russi si ribellavano all’andamento della propria Storia, gli italiani sceglievano strade alternative quali la diplomazia, l’iniziativa individuale, l’attesa della dipartita naturale del nemico, il superenalotto. Il piantagrane si svolge in un Paese che somiglia molto all’Italia dei giorni nostri. Narra la vicenda di un individuo qualunque che, suo malgrado, si trova a innescare un grande, strabiliante, radicale cambiamento. A causa della sua semplice presenza, tutti cominciano ad agire secondo logica e buonsenso. Addirittura secondo coscienza. Si tratta di un pericolo enorme, che nessuna società occidentale può permettersi di affrontare: il pover’uomo, quindi, diventerà ben presto oggetto di una feroce caccia da parte dei servizi segreti. Qualcuno cercherà di aiutarlo, inviandogli l’angelo custode più grottesco e maldisposto che si possa immaginare: un omino forzutissimo, che frulla parole storpiate dall’ignoranza e da un’oscura sapienza. E così il destino del pianeta e la possibilità stessa di una rivoluzione saranno nelle piccole mani di una coppia stralunata».
Ecco. Così è stato lui a dire e non dire. Sta di fatto che – forse – è stato anche per questo che il romanzo mi è piaciuto così tanto. Perché io avrei tanta voglia di avere questo superpotere. Anzi di più vorrei che fossimo in tantissimi ad avere questo superpotere, per cominciare a fare andare il mondo nella giusta direzione… E rendere dunque inutile il superpotere stesso. E adesso non aggiungo più niente, perché dovete solo leggerlo.
C
(Il piantagrane, di Marco Presta, pagg. 257 euro 17,50, disponibile anche in e-book)