Oggi è il turno di un Matto per le Matte che ancora non avete conosciuto. La sua recensione pressa nella nostra mail ormai da diverse settimana, ma noi abbiamo cercato di essere rispettose dell’ordine di arrivo… E quindi il suo turno è arrivato solo adesso. Giuseppe Raciti è un amico di C. Si sono conosciuti nella sua libreria dove Giuseppe ha svolto un stage ormai tanti (ma non tantissimi, tenetelo bene a mente) anni fa. Giuseppe è un ragazzo speciale con la passione per la lettura, la letteratura, il teatro… Oggi ci racconta di una fra le sue ultime letture: il saggio «Tomasi di Lampedusa e ai luoghi del Gattopardo» di Maria Antonietta Ferraloro dove l’autrice riscopre i fatti realmente accaduti e sottesi ad alcuni episodi narrati nel Gattopardo. Buona lettura a voi e benvenuto al nuovo Matto!
«Tomasi era un intellettuale raffinato e straordinario, attento come pochi ai fermenti del Modernismo». E’ questo ciò che afferma Maria Antonietta Ferraloro autrice del saggio“Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo” (Pacini Editore) parlando proprio del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa .Tomasi di Lampedusa era un profondo conoscitore della grande letteratura e dei suoi mondi. Ma le alterne vicende della sua vita ne fecero un uomo triste e amareggiato.
Un ruolo fondamentale nella vita di Tomasi di Lampedusa lo ha avuto Alexandra Wolff Stomersee, , che il Principe amava chiamare Licy, è una figura centrale nella storia umana e letteraria dello scrittore. Austera, volitiva, coltissima, diede equilibrio all’uomo Tomasi; lo sollecitò a impartire le famose Lezioni a un piccolo gruppo di ventenni di belle speranze; vigilò affinché si realizzassero le condizioni migliori per permettere al marito di scrivere il suo romanzo.
Una delle tappe fondamentali della vita dello scrittore è la fuga nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale da Capo d’Orlando in provincia di Messina dove viveva con i cugini , verso un paese del comprensorio dei Nebrodi, Ficarra. Il periodo ficarrese è così limitato nel tempo -appena tre mesi-, da avere indotto in errorei critici e biografi lampedusiani. In realtà, come si suggerisce nel libro della professoressa Ferraloro, una particolarissima congiuntura storica rese quel soggiorno importante, sia per la biografia di Tomasi che per Il Gattopardo. A quasi dieci anni di distanza da suo soggiorno ficarrese, durante la fase di stesura del suo capolavoro, lo scrittore tornò a recuperare Ficarra e tramutò anche questo luogo, com’era sua consuetudine, in un seme narrativo.
Il Gattopardo è ricco di episodi tratti dalla realtà, dalla cronaca o dall’esperienza del Principe. Alcuni, però, assumono un rilievo narrativo essenziale all’interno della struttura gattopardesca. E’ il caso del soldatino borbonico trovato morto a Villa Salina. Un episodio che, come dimostra ampiamente nel sui libro la professoressa, e contrariamente a quanto è stato sostenuto negli ultimi trent’anni, è anch’esso reale e, soprattutto, è accaduto a Ficarra.
Tomasi nel Gattopardo oltre a far cenno a fatti realmente accaduti, prende spunto da persone realmente esistite per costruire i suoi personaggi, per esempio Ciccio Tumeo, l’organista di Donnafugata, ha lo stesso nome e alcune peculiari affinità con un colono ficarrese di cui Tomasi sentì parlare o che addirittura conobbe di persona proprio a Ficarra. Nel suo libro la professoressa Ferraloro recupera tutti i fili sotterranei che legano il personaggio gattopardiano al colono.
Nel 1958, un anno dopo la morte dello scrittore, il romanzo viene pubblicato.Il libro sconvolse il quieto torpore letterario in cui, in quegli anni, si dibatteva la cultura italiana. Rappresentava la novità assoluta; l’elemento di rottura. Non venne capito, se non da lettori attenti, come Carlo Bo ed Eugenio Montale. La maggior parte dei critici si soffermò su alcune parti del libro, a discapito di tutte le altre. Insistettero sulla presunta ideologia conservatrice di Tomasi o sulla difficile collocabilità di un romanzo che sembrava voler riportare in vita il vecchio e ormai superato romanzo storico. Pochi riuscirono a vedere nel Gattopardo ciò che realmente era: un libro difficile, ma bellissimo e struggente. Il tempo però ha corretto molti errori di giudizio. Il Gattopardo viene ormai considerato quasi unanimemente un grande classico della letteratura del Novecento.
Maria Antonietta Ferraloro dedica una parte del suo saggio al professore Pietro Ferraloro –che era il preside della sua scuola media, un uomo coltissimo, un intellettuale raffinato e un magister generosissimo. Nei mesi in cui Tomasi visse a Ficarra lui, che era appena ventenne, divenne il suo interlocutore privilegiato. Lo scrittore non ebbe esitazioni nel riconoscere nel giovane amico le stimmate del suo stesso amore, profondo e infinito, verso la letteratura. Nel corso di un intero anno, la scrittrice ha raccolto e registrato i suoi ricordi e le sue riflessioni sulla figura e l’opera di Tomasi. La sua testimonianza è stata essenziale, per la sua ricerca.
Giuseppe Raciti