Qualche tempo fa ho fatto un acquisto coatto di libri su internet. Una libreria online mi ha proposto uno sconto incredibile su una folta schiera di titoli… E io non ho saputo resistere e dopo aver lungamente ragionato su cosa prendere, ho deciso di fare incetta di nuovi “libri al quadrato”. Fra i titoli che ho scelto, di cui vi racconterò, man mano che andrò avanti nella lettura, c’era Inchiostro di Fernando Trías De Bes.
Dalla quarta di copertina (non so perché visto che c’è scritto chiaramente che si tratta di un romanzo breve) mi ero convinta che si trattasse di una raccolta di racconti… Probabilmente mi era rimasta in testa la presentazione dei personaggi che popolano queste pagine: una donna stregata dal potere dell’inchiostro, un libraio ossessionato dal tradimento della moglie, un matematico reso folle dalla perdita del figlio, un editore che non ha mai letto un libro per intero (a parte la Bibbia), uno stampatore e uno scrittore frustrato.
Il libro si apre all’inizio del 1900 con il racconto di lei (Alice), la donna stregata dal potere dell’inchiostro che non riesce a resistere a un torbida storia di letto con un uomo che – in realtà – non la attrae per niente, ma al quale per qualche misteriosa ragione non riesce neanche a resistere. Un appuntamento a settimana, ogni martedì, nella stessa stanza dello stesso squallido hotel a Magonza. Alice è la moglie di Johann, il proprietario della libreria di prestito “Inchiostro”. Quando il libraio scopre del tradimento della moglie l’istinto primordiale è uccidere quell’uomo, ma la moglie lo convince a trovare invece la ragione di quella maledizione che le impedisce di rinunciare a qualcosa (e a qualcuno) che neppure lei desidera e che ogni martedì raggiunge mestamente, come se stesse andando al patibolo. Così il libraio decide di interrogare le parole dei libri che possiede e legge, legge, legge, senza fermarsi quasi mai per un lustro intero. Finché in libreria non entrerà, per puro caso, il matematico Sebastian attratto dalla copia de L’Idiota di Dostoevskij che viene deformata dalla vetrina.
Nella storia via via entreranno lo stampatore (Patrick), il correttore di bozze (Guido, un tempo scrittore e ora anche cacciatore di nuvole), l’editore (Eusebius)… Ciascuno con qualcosa da risolvere, con un enigma impossibile a cui trovare risposta, e il cerchio si chiuderà nuovamente su Alice a poco più di 10 anni di distanza dall’inizio del racconto. In questo arco di tempo, insieme tenteranno di scrivere il Libro dei libri, un volume capace di dare risposta a ogni domanda, di alleviare ogni dolore.
Fra inchiostri effimeri e alcune stranezze il libro, pur consentendo una lettura veloce, non è una lettura leggera per via degli argomenti astratti e filosofici che affronta. Anche il finale resta aperto a diverse interpretazioni… Per questo credo che il volume abbia raccolto pareri molto discordanti. Da un lato quelli che lo hanno adorato e lo hanno trovato magico, addirittura una rivelazione; dall’altro chi proprio non lo ha capito per niente e ne considera la lettura insulsa o addirittura spiacevole. Io mi pongo nel mezzo. Da un certo punto di vista mi è piaciuta molto questa ricerca spasmodica della verità, delle risposte, nelle pagine dei libri. Mi è piaciuto che tutto nel racconto giri intorno al mondo del libro e alla lettura (anche la scelta della città in cui si ambienta la storia non è casuale, è a Mainz, infatti che nel 1450 Gutenberg apre la prima stamperia a caratteri mobili). La ricerca di questo “libro perfetto” è coinvolgente, c’è la giusta suspence e una corretta dose di colpi di scena.. Alcuni personaggi, uno in particolare, mi ha conquistata in ogni senso. Mi è piaciuta tutta la metafora legata all’inchiostro che è mezzo ma anche sostanza… Mi è piaciuto che ogni pagina offra molti spunti di riflessione… Forse, in alcuni casi anche troppi, però, tanti da distogliere dalla semplice lettura. Tanto che il mio stato d’animo a conclusione del romanzo era confuso e ci sono alcuni avvenimenti che da bibliofila mi hanno “disturbata”.
A mio avviso, però, è un romanzo da leggere proprio per questo suo doppio aspetto a cavallo fra realtà e surrealtà che è (probabilmente) la matrice generativa di questo sensazione di sospensione in cui si resta dopo aver chiuso l’ultima pagina. Del resto il tema è anche il viaggio alla ricerca del motivo della follia, del motivo per cui l’uomo si lascia sovrastare dalle emozioni al punto da divenire schiavo…
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(Inchiostro di Fernando Trías De Bes, Rizzoli, pag. 153, euro 12)