Per la rubrica i Matti per le Matte, torna Dino (pardon, Leon) Lodato con un libro matto dei suoi. Già perché in questo caso Dino ha scelto di raccontarci una lettura che fatto visto il suo prossimo viaggio a Praga. No, non si tratta di un romanzo lì ambientato… E neanche il frutto della penna di qualche autore originario della capitale della Repubblica Ceca. Per ora vi basti sapere che io non appartengo alla categoria “qualsiasi interlocutore” di cui leggerete fra qualche riga (e ch, anzi, io ho reagito più o meno così: «Che figata!!!»). Buona lettura a voi e buon viaggio a lui. C
A dicembre vado a Praga. «Tu sei pazzo!». Vado a vedere un concerto dei Kraftwerk… «Chiamate un’ambulanza!». Questo è, more or less, lo stralcio saliente di un dialogo tra me e un qualsiasi interlocutore al quale ho il piacere di comunicare i miei programmi dicembrini. I Kraftwerk a Praga.
Il rigore della musica elettronica primordiale e il freddo intenso di una delle più affascinanti capitali dell’Europa dell’Est. Un mix di sensazioni, di profumi, di colori. E di musica. Chi sono i Kraftwerk da meritare tale viaggio? Beh, ai più giovani diranno ben poco. Ma provate a dare un’occhiata alla (quasi) monumentale biografia che David Buckley ha dedicato alla band teutonica per capire quanto di Kraftwerk c’è, tutt’oggi, nella musica che un po’ tutti abbiamo ascoltato e continuiamo ad ascoltare.
“Kraftwerk Publikation” esce dopo la biografia che Wolfgang Flur ha dedicato alla sua ex band (“I was a Robot”) e completa quella fame di informazioni su una band tanto apprezzata e presa ad esempio, tanto saccheggiata, quanto avvolta in un alone di mistero che ha contribuito a fare dei suo componenti (oggi il marchio Kraftwerk è nelle mani del solo Ralf Hutter), i simboli di un modo di comunicare tra artista e pubblico in grado di sviluppare una cascata continua di giochi di rimandi che sfociano nella creazione di quattro “automi” in grado di sostituire i musicisti in tutto e per tutto.
Il futuro, insomma, per i Kraftwerk è arrivato troppo presto, in tempi non sospetti. E quel che oggi appare datato, fumettistico se non, addirittura, macchiettistico, non pochi dubbi ha fatto sorgere, a critici e semplici fans, su quel che sarebbe stato il futuro della musica e, più in generale, dell’homo sapiens.
Le innovative e immortali conposizioni della band nata a Dusseldorf nel 1970 per mano (e mente) di Ralf Hutter e Florian Schneider, continuano oggi ad ispirare generazioni di artisti delle scene hip hop, techno e persino l’arte contemporanea. Parlare di Kraftwerk significa parlare di Orchestral Manouvers in the Dark, Duran Duran, Roxy Music e persino Coldplay.
E allora, la riscoperta di questi suoni apparentemente freddi, glaciali, val bene un viaggio nella fredda Praga. A bordo di un Trans Europe Express, o di uno Space Lab, sognando un Tour de France in compagnia di Models e Robots, di Dummies forniti di Pocket Calculator. Nella speranza di essere contagiati soltanto dalla Radio Activity, quell’energia positiva che oggi resiste al logorio della vita moderna grazie alla testardaggine del buon vecchio Ralf Hutter. Prosit!
Leonardo Lodato
(Kraftwerk Publikation di David Buckley, Arcana Musica, pp. 350, 26,50 euro – Prefazione di Karl Bartos)