Vi ho già parlato della mia ritrosia a leggere libri che mi vengono regalati, consigliati e/o prestati quindi quanto scritto fino a questo momento basta e avanza. Il fatto che io sia così testa dura (per dirla pulita) non è che uno svantaggio, perché la mia presunzione spesso, nei libri come nella musica, mi fa “evitare” tutta una serie di cose che invece non dovrei evitare.
Il gruppo di lettura di Vicolo Stretto rappresenta quindi una sorta di nemesi per me. Odio leggere libri che mi vengono “imposti”, ma il gruppo di lettura mi piace. Chiamiamolo compromesso, uno mica può essere sempre fissato su tutto e fare l’orso a vita, no?
La lettura di cui abbiamo parlato la scorsa settimana è stata L’ultimo Ballo di Charlot di Fabio Stassi, Sellerio Editore.
E’ il secondo dei libri che mi ha prestato Claudia, una delle persone che ho conosciuto al gruppo, e la mia ritrosia è emersa subito dallo scarso interesse che ho dimostrato per il libro all’inizio.
Se qualcuno mi chiedeva cosa stessi leggendo rispondevo: qualcosa su Charlot (credo di avere detto anche Charlie Chaplin). Se qualcun altro mi chiedeva chi lo avesse scritto rispondevo: credo un autore straniero, probabilmente americano, ma non me lo ricordo.
Insomma, avevo cominciato malissimo. Solo che dopo qualche pagina è stato come se Charlie Chaplin in persona si allontanasse un attimo dal libro per darmi un buffetto, guardarmi e dirmi “questo libro merita tutta la tua attenzione, quindi o lo chiudi o lo leggi come si deve“. Ho scelto la seconda possibilità, per fortuna.
La prima cosa che mi ha colpito, dopo avere riguardato la copertina, quindi titolo e nome dell’autore (finalmente), è stato il fatto che a scriverlo non era stato un autore americano o inglese, come avevo pensato fin dal primo momento, ma un autore italiano. Non era stato un errore dettato dall’argomento, quanto dal linguaggio utilizzato e dallo stile di scrittura. L’aria che ho respirato era del tutto internazionale e per niente provinciale e così mi sono incuriosita. Con L’ultimo Ballo di Charlot, Fabio Stassi, si è classificato secondo al Campiello 2013, Premio Sciascia Recalmare, Premio Caffè Corretto Città di Cave, Premio Alassio, e il libro è in traduzione in 17 lingue.
Il libro racconta la storia di Charlie Chaplin e tutto comincia una notte di Natale, quando la Morte va a trovarlo per portarselo via. Nonostante i suoi ottant’anni però, l’uomo chiede alla Vecchia Signora ancora un po’ di tempo da dedicare al suo figlio più piccolo, Christopher, ma il patto è chiaro: ogni Natale la Morte andrà a trovarlo e se l’anziano attore non riuscirà a farlo sorridere beh allora non ci sarà niente da fare.
E’ l’inizio di un rito che viene celebrato ogni anno. La Morte, torna ogni anno sicura che quel vecchio che si trova di fronte non abbia più cartucce nella sua fondina utili a farla ridere, ma proprio quando tutto sembra finito ecco che un movimento più lento degli altri, una gaffe involontaria di Charlie Chaplin fanno affiorare su quel viso serio il sorriso.
Intanto Charlie Chaplin scrive una lettera a suo figlio, racconta di come tutto è iniziato in Inghilterra, racconta dei suoi amori, di donne che hanno sempre segnato la sua storia, ma stranamente non racconta mai di sua moglie e quindi della madre di chi sta scrivendo. Descrive il circo di inizio secolo, la difficoltà di arrivare da solo in terra straniera e doversi costruire una vita quando niente lo soddisfa (Chaplin cambia un lavoro dopo un altro, come se sapesse già da giovanissimo, che il destino gli riserva un futuro radioso).
Ho una confessione finale da fare. Fin da piccola ho sempre avuto un sentimento predominante nei confronti di Charlot. Non mi piaceva, forse perché con il suo baffetto (e naturalmente anche per le sue interpretazioni) lo legavo troppo al dittatore tedesco Hitler, forse perché era muto, non lo so. Ma adesso so che voglio riscoprirlo e sono già andata su YouTube a cercare quegli indizi che ho trovato nel libro.
(L’ultimo ballo di Charlot/ Fabio Stassi/ Sellerio Editore/ € 16,00/ pp 279)
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