Il romanzo di cui sto per parlarvi è un libro al quale mi sono affezionata dal primo momento che ho potuto stringerlo tra le mani. Si tratta, infatti, del dono degli alunni della 3L, dove quest’anno ho fatto supplenza dalla seconda metà di gennaio, fino alla fine di marzo. Inutile dire che avrei voluto leggerlo immediatamente, vedere di capire se ci fosse un perché della scelta del titolo, ma poi ho preferito, invece, potermi godere il momento.
Così, mentre i miei alunni sostenevano esami, ho letto “Semina il Vento” il romanzo di Alessandro Perissinotto, edito da Piemme nella collana Pickwick, che i miei ex alunni hanno scelto per salutarmi, completandolo con una dedica troppo privata per renderla pubblica, ma talmente commovente da farmi scappare la lacrimuccia tutte le volte che la riguardo (e l’ho fatto tante volte).
Semina il vento è un romanzo che in qualche modo mi ha ricordato il piacere provato leggendo Anime alla deriva, di cui vi ho parlato non molto tempo fa e che sapete che mi ha fatto letteralmente innamorare. Un po’ è stato il tema, anche se in questo caso non siamo immediatamente messi a conoscenza delle responsabilità sulla morte di Shirin, la moglie del protagonista Giacomo. Un po’ è la modalità narrativa, anche se qui Giacomo, chiuso in carcere in isolamento ricostruisce i fatti in una specie di diario che consegna all’avvocato d’ufficio che gli è stato affidato… Del resto, Giacomo arrestato durante la lezione nella pluriclasse che guida a Molini, un piccolo paesino fra le montagne piemontesi che non è neanche segnato sulle mappe, si è reso conto di conoscere neanche un avvocato penalista e – allora – meglio affidarsi al caso.
Via via che il racconto di Giacomo scorre sotto gli occhi del lettore, sembra di poter toccare con mano la storia di un grande amore. Non di quelli fatti da gesti eclatanti, ma di quelli costruiti dai piccoli gesti quotidiani, dal saper apprezzare ogni singolo momento insieme. Giacomo e Shirin si conoscono in un piccolo locale dove Giacomo fa il barman creativo per riuscire a sbarcare il lunario, lo stipendio che ha come collaboratore del museo dove si occupa di divulgazione scientifica e didattica museale per ragazzi non basta per vivere in una città come Parigi. Fra loro scocca subito una scintilla. Non è un innamoramento passionale… Ma c’è “qualcosa” di inesorabile che diventerà amore e che condurrà i due al matrimonio.
Shirin è una donna intelligente,atea, disinibita, con forti convinzioni politiche; le sue origini sono iraniane ma è nata a Parigi dove i genitori si sono rifugiati, quando sono dovuti fuggire dal loro Paese. Forse proprio per questo Shirin è in cerca di radici che cerca di costruire in tutti i modi: acquistando mobili dai robivecchi (in modo da costruirsi una storia vissuta in casa, visto che i genitori cambiano arredamento ogni 4 anni al massimo)… Fino a desiderare il trasferimento a Molini, il piccolo paese d’origine di Giacomo. Non prova simpatia per gli islamici di rigida osservanza… Ma nel tempo invidierà loro il forte senso di appartenenza a una comunità, il loro legame con la storia e con un “passato collettivo”.
E’ proprio il trasferimento a Molini a segnare il destino di questa coppia. Le montagne piemontesi e la gente di Molini sembrano incarnare quelle radici così tanto agognate, ma improvvisamente Shirin è costretta a capire la diffidenza verso il “diverso”, l'”estraneo”. Ed è allora che comincia a cercare la propria identità altrove, dove non avrebbe mai pensato di poterla cercare: nel fanatismo che ha sempre respinto. Ed è così che una scelta sbagliata si trasforma in tragedia. Ma ho detto fin troppo… E non avrei voluto. Quindi mi fermo, e vi invito a leggere questo romanzo che mi ha tenuta con il fiato sospeso, fino all’ultima riga.
C
(Semina il vento di Alessandro Perissinotto, Piemme, pagg. 250, euro, 9,90)