Per la rubrica dei Matti per le Matte da Leggere, oggi torna Giuliana che questa volta ha deciso di raccontarci (e suggerirci la lettura) di “Che tu sia per me il coltello” di David Grossman. Anche una delle Matte lo ha letto e condivide in pieno le riflessioni della matta acquisita 🙂
Esattamente un anno fa, una persona a me molto cara, anzi carissima, mi regalò un libro dal titolo talmente seducente da suscitare in me la voglia di leggerlo subito.
Che tu sia per me il coltello recitava la copertina, «voglio che ti munisca del mio sguardo per capire cosa fa di questo libro, il NOSTRO libro», la dedica. Lo stesso vorrei provare a fare con voi, amici appassionati della lettura e delle Matte, prestarvi i miei occhi che si sono letteralmente innamorati di questo romanzo.
Il capolavoro di David Grossman, ritenuto uno dei migliori scrittori contemporanei in circolazione, ha avuto un grandissimo successo, eppure, come si usa spesso dire, quello di cui stiamo per parlare “non è un libro per tutti”. Innanzitutto forse in pochi sanno che per la scelta del titolo da dare al suo romanzo lo scrittore israeliano si è ispirato a Franz Kafka il quale in una delle sue Lettere a Milena scrive: «Amore è il fatto che tu sia per me il coltello con cui frugo dentro me stesso» (frase riportata anche all’interno del romanzo di Grossman). Se un titolo ci dice già molto del libro che ci apprestiamo a leggere, quello utilizzato in questo caso ci dice anche di più. Ci racconta già della struggente e intensa storia con cui ci confronteremo; ci informa della densità, della passionalità, della sensualità dei personaggi che la animano; ci “avverte” del linguaggio ammaliante e disarmante, tradizionale e sperimentale al tempo stesso, a cui la penna del suo grande autore ha dato vita.
Non prima di aver precisato che si tratta di un romanzo epistolare in cui un uomo e una donna che non si conoscono si uniscono in un rapporto fatto solo di parole “dette” su carta, passiamo alla trama.
Yair e Miriam, o Miriam e Yair se preferite, sì perché è l’alternanza indistinta dei loro nomi che attesta la paternità delle lettere che i due personaggi reciprocamente si scrivono a dare forza e ritmo al romanzo, in un turbinio di emozioni e sentimenti senza tempo. In un gruppo di persone, un uomo (Yair) scorge una donna che non ha mai visto prima e che con un gesto per gli altri irrilevante – ma non per lui – si stringe nelle braccia, come a volersi isolare da ciò che la circonda. Miriam è il suo nome, ma Yair ancora non lo sa. Un gesto impercettibile, quasi insignificante, che commuove l’uomo talmente tanto da indurlo a scriverle una lettera. Ma Yair non si limita a questo, non si limita a scrivere ad una donna di cui non conosce nemmeno il nome. Le propone un rapporto profondo e aperto, libero da qualsiasi vincolo, ma di natura esclusivamente epistolare.
Quella di Yair in realtà non è una proposta, è una vera e propria implorazione. Miriam né rimane colpita, quasi sedotta. Così accetta, e spera sin da subito di poter trasformare le parole in fatti. Perché quella che si crea tra lei e Yair non è una semplice corrispondenza epistolare, è una sorta di intimità assoluta, un mondo privato in cui nessuno può (e deve) entrare. I due offrono l’uno all’altro ciò che mai avrebbero osato dare ad alcuno, svelando probabilmente parti di sé che solo ad un perfetto sconosciuto è possibile donare. Ed in questo processo di svelamento e di completo abbattimento di qualsiasi tipo di pudore e inibizione Yair e Miriam scoprono l’importanza, quasi la sacralità, dell’immaginazione nei rapporti umani e l’immensa sensualità che si nasconde dietro le parole. Non esiste romanzo come questo che faccia emergere in modo altrettanto prorompente il linguaggio, le parole appunto.
Di certo quello vissuto dai due protagonisti non è un percorso privo di ostacoli, bensì una scoperta lenta e dolorosa. Yair appare istintivo, infantile e quasi impaurito dalla situazione che lui stesso ha contribuito a creare. Non riesce a capire fino in fondo ciò che Miriam vuole davvero raccontargli, perché troppo preso dal suo volerla a tutti i costi affascinare e a sua volta farsi affascinare. Solo col tempo, ripercorrendo coi ricordi ognuna delle sue lettere, si accorge che Miriam non è una donna come le altre. Miriam si rivela infatti una creatura di un’intensità tale da lasciare senza fiato Yair. Una donna che ha sofferto e lottato, una donna, forse l’unica, che può condurre Yair ad una rivoluzione interiore. Ed è solo a questo punto che con sapiente maestria l’autore fa a poco a poco ritrarre il personaggio maschile per fare emergere Miriam. Ed è ancora in questa parte del romanzo che lo stesso esplode in tutta la sua forza, diventando impudico e avvolgente, proprio come la strada che ognuno di noi è costretto a percorrere per arrivare a cogliere e a toccare pienamente, e nella più totale libertà, l’anima (ma anche il corpo) di un altro essere umano, senza alcuna vergogna, senza alcuna paura.
Yair e Miriam riescono ad inventare un mondo e un linguaggio tutto loro per esprimere e condividere le parti più recondite di se stessi. Grossman ha scelto due personaggi molto diversi, spesso in netto contrasto, come a voler sottolineare che la vita ha voluto unire due esistenze separate, un uomo e una donna già impegnati sentimentalmente, i due infatti sono entrambi sposati. Se mai ce ne fosse bisogno questo evidenzia ancor di più la vera e propria dipendenza dalla quale Miriam e Yair non riescono più ad uscire una volta “incontratisi” nelle loro lettere.
E allora ecco a voi spiegato il significato del titolo: “che tu sia per me il coltello”, quel coltello che Miriam è per Yair e che Yair è per Miriam, quel coltello con cui i due frugano dentro loro stessi fino all’angolo più nascosto della propria anima, quella lama che con assoluto cinismo ha tagliato letteralmente a metà le vite dei due protagonisti, scavando un solco profondo tra ciò che esse erano prima del loro incontro e ciò che sono diventate dopo.
L’epilogo del romanzo è bello e al tempo stesso sorprendente quanto basta. Solo nell’ultima parte di un libro che si è sviluppato in due sezioni separate i due protagonisti si incontrano: finalmente li si può leggere entrambi contemporaneamente, presenti insieme sulla stessa pagina.
L’unica pecca probabilmente, se se ne vuole trovare una, è una lettura non propriamente scorrevole, per lo meno relativamente alla parte iniziale, quella dedicata a Yair. Qui le pagine sono densissime di parole, ma solo perché anche i pensieri di Yair lo sono, consistenti e tangibili, il flusso della sua coscienza è quasi palpabile. Ma chi ha la pazienza, e la fortuna, di non richiudere il libro dopo le prime pagine “corre il rischio” di vivere una delle esperienze di lettura più straordinarie che si possano fare.
Anche e soprattutto grazie a quella che sembra essere una prosa-non prosa, una prosa-poesia, Che tu sia per me il coltello è un capolavoro indiscusso. Per questo vi consiglio di tenere a portata di mano carta e penna se mai vi dovesse venire la voglia di leggerlo (lo spero), perché le espressioni da annotare sono una miriade, almeno per me è stato così, e credo proprio di non essere stata l’unica.
Giuliana
(Che tu sia per me il coltello di David Grossman, Mondadori, pag. 366, euro 9)