Oggi è martedì e, dunque, è il turno di uno dei nostri ospiti. Stavolta, nella rubrica “Matti per le Matte”, arriva un lettore sopraffino (amico di una delle due Matte, ma non vi diciamo di chi) che, in un secondo giro di nomination, si è trovato un dito puntato contro (con sotto scritto “We Want You”). Il Matto per le Matte di oggi è il giornalista Leonardo Lodato (altresì detto Dino, o Leon) – le cui passioni spaziano dalla subacquea alla batteria – e la Matta amica sua già ipotizzava il titolo che avrebbe proposto (non perché abbia il dono della veggenza)… E infatti così è stato. Buona lettura a voi!
Uno dei punti di riferimento di Lemmy Kilmister, cantante, bassista e fondatore dei Motorhead, “la più rumosora rock band al mondo”, è sempre stato Little Richard. Un giorno, un giornalista gli chiede: «Ma tu, da ragazzo, volevi diventare come Little Richard?» Risposta lapidaria e alquanto ironica: «Basso, negro ed omosessuale? No!».
Lemmy, confesso spudoratamente, è sempre stato per me non un mito, ma un punto di riferimento. Uno zio. Con la sua musica sono cresciuto. Ho cominciato ad ascoltare i Motorhead che avevo appena tredici anni e continuo ad ascoltarli oggi che mi ritrovo alla soglia dei 50. Però no, non volevo diventare come lui, cioè alto, coi capelli lunghi e pieno di porri. Mi sono ritrovato catapultato nel favoloso mondo dell’heavy metal e dei Motorhead in particolare per puro caso. Perché? Perché quesi suoni duri, martellanti mi sono entrati subito nel sangue, hanno modificato il mio DNA.
Ho conosciuto Lemmy, gli ho parlato, soprattutto l’ho ascoltato. Prima da fan, poi da giornalista. Abbiamo bevuto insieme una secchiata di Jake’n’Coke, abbiamo scherzato, abbiamo parlato di argomenti seri, di musica, di politica, di libri, di donne e di tatuaggi. E abbiamo scoperto di avere tanti interessi in comune.
Lemmy, nella sua autobiografia, White Line Fever (La sottile linea bianca), scritta con Jannis Garza per Simon & Schuster, tradotta in Italia da Baldini Castoldi Dalai Editore, racconta non solo la sua vita ma un’epoca segnata dal rock’n’roll, dalle droghe, dalle ribellioni giovanili, dalla filosofia del “born to lose – live to win” che Mr. Kilmister porta tatuata sull’avanbraccio. Dall’Inghilterra del dopoguerra alla New York del dopo 11 settembre c’è tanta musica che scorre sul fiume della vita. Ci sono Elvis e i Beatles, il punk e la New Wave of British Heavy Metal. E ci sono loro, i Motorhead, quelli che suonano il rock’n’roll. La band che non fa prigionieri.
(White Line Fever -The Autobiography, di Lemmy Kilmister con Jannis Garza, Simon & Schuster)